Tesoro giovani per il mercato della Juve
Sei anni di semina sembrano sufficienti per passare al raccolto. Nel 2018 la Juventus diventava la prima società in Italia ad approdare nell’universo delle seconde squadre, seguendo due direttrici: la valorizzazione patrimoniale degli atleti e l’inserimento di giovani nella rosa dei big per ridurre ammortamenti e monte ingaggi. Si è passati così dai 65-70 calciatori in prestito per ogni stagione ai 27 attuali; i giovani che partono per fare esperienza ora lo fanno dopo aver già compiuto un primo step di crescita nel professionismo e anticipato di uno o due anni il passaggio in Primavera. Si è creata così una base di valore - Soulé, Huijsen, Barrenechea, Kaio Jorge, Facundo Gonzalez, Frabotta, Barbieri, Felix Correia - che rappresenta una sorta di assegno circolare da riscuotere per finanziare il mercato della prima squadra, senza dimenticare le certezze Fagioli, Yildiz e Miretti tutti figli dello stesso percorso.
La Juve di Motta: cessioni e obiettivi
Tramite alcune cessioni tramutabili pure in contropartite - si pensi in particolare a Soulé e Huijsen - la Juve conta di incrementare quel tesoretto da 50 milioni che la proprietà ha destinato ai primi acquisti. Possibilmente senza vendere altri big, anche se Bremer (per la clausola che in Premier trovano attraente) e Chiesa (per la mancanza di un accordo sul rinnovo) potrebbero partire e garantire altra liquidità. Il plafond originario, comunque, può essere sufficiente a realizzare il colpo Calafiori, ma non basterebbe per portare via da Bergamo Koopmeiners, che l’Atalanta valuta 60 milioni. E per assecondare la rivoluzione di Motta, la Juve avrebbe bisogno di almeno un titolare per reparto: un centrale, un terzino, una mezzala (una sola se resta Rabiot) e un esterno (Savinho e Greenwood i preferiti), più il portiere (già fatta per Di Gregorio) e il mediano-regista, cioè Douglas Luiz qualora si concretizzasse lo scambio con McKennie.