Nuova Juve, cinque passi verso il futuro

Il bilancio da migliorare, i tifosi da riconquistare, la sinergia di Giuntoli e Motta sul mercato: alla scoperta del progetto bianconero
Giorgio Marota

Dopo una lunga e rigidissima dieta economica, la Juventus torna a sedersi all’invitante banchetto europeo con la ricetta del dottor Elkann: tornare a competere per vincere, senza però dimenticare il pilastro della sostenibilità. Non è semplice nel calcio del “più spendi più ottieni”, eppure qualche esempio virtuoso in giro per il continente esiste. Di sicuro, una volta chiuso senza code legali il rapporto con Allegri, l’allenatore con le spalle larghe riuscito ad avanzare in un terreno minato centrando comunque tutti gli obiettivi, la Signora inaugura un nuovo capitolo della propria storia. Per farlo ha affidato la gestione tecnica a un direttore plenipotenziario come Giuntoli, che tramite un allenatore emergente come Thiago Motta proverà da subito a lottare per il vertice, mentre la proprietà continua ad azzerare ciò che resta della gestione Agnelli. «È l’anno zero» disse l’ad di Exor due mesi fa nella lettera con la quale anticipava il nuovo corso. È già cominciato.


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Juve, l'anno che verrà: respirano i conti

La Juve ha chiuso il primo semestre del 2023-24 con una perdita di 95,1 milioni di euro, contro il -29,5 del 31 dicembre 2022, con minori ricavi commerciali e da diritti tv, riducendo soltanto in minima parte l’Indebitamento finanziario. Significa che la dieta economica voluta dalla proprietà ed eseguita da Scanavino, con importanti conseguenze in termini di competitività della squadra e di movimenti limitati sul mercato (le ultime due sessioni sono state a spesa zero), oltre che funzionale a riequilibrare i conti della società si è rivelata salvifica per evitare uno sprofondo rosso. Non va dimenticato, tra l’altro, l’aumento di capitale da 200 milioni coperto e sottoscritto dall’azionista di maggioranza.

Termina l'esilio dalle coppe

A mandare in sofferenza i conti del club è stata soprattutto la mancata partecipazione alle coppe, che tra premi, botteghino, bonus, market pool, marketing e merchandising è stimabile in 150 milioni di introiti perduti. Ecco perché sarà vitale per la Juve il ritorno in grande stile sui palcoscenici che contano: oltre a Serie A e Coppa Italia, infatti, i bianconeri disputeranno la nuova SuperChampions che promette incassi faraonici ma solo per chi avrà la forza di andare avanti, il Mondiale per Club al termine della stagione e la final four di Supercoppa Italiana in Arabia Saudita, prevedendo già di incassare - ancor prima dell’inizio di ciascuna competizione - circa 100 milioni di premi.
Anche simbolicamente la stagione 2024-25 darà nuovo lustro all’immagine del club, macchiata dai processi, dalle penalizzazioni e dalla squalifica imposta dall’Uefa. La Signora tornerà a respirare riducendo i sacrifici, a poter spendere per rinforzare il suo parco giocatori e ad avere un orizzonte internazionale verso il quale tendere. Questione di blasone.


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Juve, Giuntoli-Motta è già una coppia

Il rapporto tra Allegri e Giuntoli, durato una stagione, non è mai sbocciato del tutto e ha finito per logorarsi sul doppio binario delle parole pubbliche (tutti soddisfatti del lavoro del tecnico) e dei silenzi privati (nessun vero discorso sul futuro). Quello tra il direttore dell’area tecnica al quale Elkann ha affidato «il futuro della Juve» e Motta, invece, sembra essere già decollato in piena armonia. In attesa della firma sul contratto triennale (da limare alcuni dettagli dell’accordo, relativi in particolare allo staff), il nuovo allenatore ha già attivato una sinergia pressoché totale con l’uomo che dovrà occuparsi in prima persona anche del mercato. La chiamano «condivisione tecnica», altro non è che una visione comune sul calcio e sulle metodologie di lavoro

Il mercato per una difesa a quattro

Giuntoli e Motta sembrano essersi in qualche modo trovati: sono bastate un paio di chiacchierate al telefono per definire i primi piani d’azione. A partire dalla direzione che dovrà prendere questo mercato: la Juve, oggi strutturata per giocare con il 3-5-2, dovrà cambiare pelle e trasformarsi in una squadra da difesa a quattro. E dunque 4-2-3-1 o 4-3-3 in prima istanza, poi tutte le altre varianti del cosiddetto "gioco fluido": difensori che sanno impostare e inserirsi, centrocampisti abili nelle due fasi, attaccanti coi piedi da trequartisti ed esterni con l’istinto del gol. «Penso che se un giocatore fa un ruolo solo deve essere un fenomeno - ha spiegato di recente Thiago - altrimenti deve essere capace con l’intelligenza calcistica di saper interpretare vari ruoli». Anche per questo motivo il primo tassello della nuova Signora potrebbe essere proprio quel Calafiori (45-50 milioni di valutazione) che l’allenatore italobrasiliano ha trasformato nel suo laboratorio creativo in un jolly ideale per qualsiasi difesa, innalzando al tempo stesso il livello delle sue prestazioni.


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Tesoro giovani per il mercato della Juve

Sei anni di semina sembrano sufficienti per passare al raccolto. Nel 2018 la Juventus diventava la prima società in Italia ad approdare nell’universo delle seconde squadre, seguendo due direttrici: la valorizzazione patrimoniale degli atleti e l’inserimento di giovani nella rosa dei big per ridurre ammortamenti e monte ingaggi. Si è passati così dai 65-70 calciatori in prestito per ogni stagione ai 27 attuali; i giovani che partono per fare esperienza ora lo fanno dopo aver già compiuto un primo step di crescita nel professionismo e anticipato di uno o due anni il passaggio in Primavera. Si è creata così una base di valore - Soulé, Huijsen, Barrenechea, Kaio Jorge, Facundo Gonzalez, Frabotta, Barbieri, Felix Correia - che rappresenta una sorta di assegno circolare da riscuotere per finanziare il mercato della prima squadra, senza dimenticare le certezze Fagioli, Yildiz e Miretti tutti figli dello stesso percorso.

La Juve di Motta: cessioni e obiettivi

Tramite alcune cessioni tramutabili pure in contropartite - si pensi in particolare a Soulé e Huijsen - la Juve conta di incrementare quel tesoretto da 50 milioni che la proprietà ha destinato ai primi acquisti. Possibilmente senza vendere altri big, anche se Bremer (per la clausola che in Premier trovano attraente) e Chiesa (per la mancanza di un accordo sul rinnovo) potrebbero partire e garantire altra liquidità. Il plafond originario, comunque, può essere sufficiente a realizzare il colpo Calafiori, ma non basterebbe per portare via da Bergamo Koopmeiners, che l’Atalanta valuta 60 milioni. E per assecondare la rivoluzione di Motta, la Juve avrebbe bisogno di almeno un titolare per reparto: un centrale, un terzino, una mezzala (una sola se resta Rabiot) e un esterno (Savinho e Greenwood i preferiti), più il portiere (già fatta per Di Gregorio) e il mediano-regista, cioè Douglas Luiz qualora si concretizzasse lo scambio con McKennie.


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Il piano istituzionale: la "stagione della pace"

Non sorprenda la volontà di chiudere ogni possibile contenzioso legale con Allegri: la Juve ha inaugurato da tempo la “stagione della pace” diventando meno battagliera (secondo alcuni per questo meno rispettata) e più inserita nelle dinamiche e nei rapporti internazionali con Uefa e Fifa. Al patteggiamento con la giustizia sportiva per le manovre stipendi, nonostante la professione d’innocenza sbandierata in ogni aula, è seguita infatti la fuoriuscita dal progetto Superlega, poi l’accettazione della squalifica di un anno imposta dall’Uefa, infine la richiesta di rientrare nell’Eca, l’associazione dei club europei, rompendo una volta per tutte gli ultimi legami - anche filosofici - con la gestione di Agnelli, che viceversa aveva avviato un percorso politico differente ma forse maggiormente affine all’ambizione di grandezza della piazza.

Una Juve più attiva in Lega

In parallelo ai dialoghi riallacciati con Ceferin e Infantino, corre una particolarissima partita italiana: dopo anni passati a osservare, negli ultimi tempi la Juve ha cominciato ad alzare la voce in Lega. Lo sta facendo tramite Calvo, che da uomo dei ricavi è stato promosso a direttore del reparto "sviluppo calcistico"; così il club ha preso le distanze dalla leadership Lotito-De Laurentiis, contestato l’operato del presidente Casini (fino a firmare una lettera per chiedergli di non parlare di certi temi in suo nome) e creato un fronte con Milan, Inter e Roma. Le cosiddette “4 big” a febbraio si sono recate dal presidente Figc, Gravina (che la Lega osteggia), per chiedergli sostegno sul format della Serie A a 18 abbandonando l’attuale struttura a 20. Nel frattempo, con l’addio di Allegri e Manna e la probabile partenza di Cherubini non ci sono più “agnelliani” in società. Dirigenti, amministratori, allenatori, osservatori, scout: un restyling completo per accelerare il nuovo corso.


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L'ambiente: ambizioni e tifo da riconquistare

C'è una piazza da riconquistare a suon di successi e, a proposito di «anno zero» e di «piano triennale», non sembra affatto una questione secondaria in casa Juve. La qualificazione in Champions e la conquista della Coppa Italia avevano riavvicinato la parte più scettica del tifo ad Allegri, vincente anche nelle condizioni più critiche. Al netto degli #AllegriOut dei social, il tecnico ha sempre goduto di un ampio consenso: la maggior parte dei tifosi gli ha dedicato cori e striscioni («Mister devi restare, al Mondiale con te vogliamo andare» l’ultimo attestato di stima) restando al suo fianco anche durante la crisi che ha allontanato la Signora dalla vetta. La sua partenza rischia di far perdere al popolo juventino un prezioso punto di riferimento e, anche per questa ragione, il compito che erediterà Motta, accolto con gli onori dopo la stagione trionfale al Bologna, non sembra affatto facile e va ben oltre le semplici dinamiche di campo.

Impedire ai rivali dell'Inter di aprire un ciclo

Quest’anno la Juve è tornata a sentire profumo di scudetto, almeno fino a febbraio, dopo tre stagioni passate a danzare nella zona Champions senza mai essere davvero una seria pretendente al titolo. I tifosi chiedono alla società una squadra da subito competitiva per evitare che i rivali dell’Inter possano aprire un ciclo, approfittando di un vuoto di potere nel quale può inserirsi anche il nuovo Napoli di Conte, ex mai dimenticato. Una Coppa Italia, pur fondamentale nell’ottica di riaprire la bacheca del JMuseum, non può bastare dunque a soddisfare i palati finissimi di tifosi che hanno festeggiato l’ultimo scudetto nel 2020 e soltanto in due occasioni negli ultimi 30 anni sono rimasti lontani dal tricolore per almeno un lustro: tra il 1986 e il 1995, cioè tra il 22° e il 23° titolo (ma con due Coppe Uefa vinte) e poi dopo il 2003 a causa di Calciopoli.


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Dopo una lunga e rigidissima dieta economica, la Juventus torna a sedersi all’invitante banchetto europeo con la ricetta del dottor Elkann: tornare a competere per vincere, senza però dimenticare il pilastro della sostenibilità. Non è semplice nel calcio del “più spendi più ottieni”, eppure qualche esempio virtuoso in giro per il continente esiste. Di sicuro, una volta chiuso senza code legali il rapporto con Allegri, l’allenatore con le spalle larghe riuscito ad avanzare in un terreno minato centrando comunque tutti gli obiettivi, la Signora inaugura un nuovo capitolo della propria storia. Per farlo ha affidato la gestione tecnica a un direttore plenipotenziario come Giuntoli, che tramite un allenatore emergente come Thiago Motta proverà da subito a lottare per il vertice, mentre la proprietà continua ad azzerare ciò che resta della gestione Agnelli. «È l’anno zero» disse l’ad di Exor due mesi fa nella lettera con la quale anticipava il nuovo corso. È già cominciato.


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