Pagina 2 | Rivoluzione Lazio, svelate le cinque mosse di Baroni che hanno cambiato tutto

Il ds Fabiani, nella notte piena di umidità sul lago di Como, tra l’entusiasmo dei tifosi laziali in festa e in attesa del pullman di fronte al piazzale dello stadio Sinigaglia, scherzava in attesa del rientro a Fiumicino. «Diremo al pilota di volare basso. Niente complimenti. I conti a fine stagione». Un mantra ripetuto in queste ore a Formello. L’ambizione si misura con il lavoro, sostiene Baroni. Questa Lazio è strabordante: ha qualità, temperamento, lo spirito giusto per imporsi e divertirsi su ogni campo, a patto di proseguire con umiltà. La tentazione Champions non induca a perdere il senso della misura.

Lazio, i numeri di inizio stagione

Sette vittorie nelle ultime otto partite, terzo posto in Serie A e primato in Europa League, 31 gol realizzati dall’inizio della stagione. Sta succedendo qualcosa di imprevisto. La genesi del sogno si è sviluppata dentro un’estate di contestazioni, come ha sempre raccontato la storia di Lotito. Sa ricostruire e ripartire da zero, ma non finalizzare: era accaduto nel 2006, nel 2010, nel 2014, nel 2016 e nel 2021. Si chieda dove e perché ha mancato ogni volta lo step successivo. Sarebbe il modo migliore per portare avanti e fortificare nel tempo il lavoro appena avviato da Baroni.


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La strategia: più velocità nel motore e motivazioni

L ’architettura della nuova Lazio nasce dagli ultimi mesi di Sarri. Mau e il ds Fabiani avevano individuato un difetto di fabbrica certificato dalla gestione Tudor. Era una squadra con più classe ma senza ritmo e intensità. Questione di caratteristiche. Il super centrocampo di Inzaghi (Leiva-Milinkovic-Luis Alberto) non aveva mai avuto nel dinamismo la dote principale. È stata una conversione lenta e faticosa. Gli acquisti di Rovella e Guendouzi, nell’estate 2023, andavano in questa direzione. Tra luglio e agosto, la Lazio ha finito di rinnovare e potenziare il motore. Ha puntato sulle fibre muscolari, sulla prepotenza fisica e l’accelerazione di giocatori esplosivi. Nuno Tavares e Dia sono gli esempi a cui riferirsi. Hanno aggiunto velocità e strappi, come insegna la Premier. Anche gli acquisti di Tchaouna, Noslin e Dele Bashiru seguivano il criterio a cui è stato semplice abbinare l’elemento caratteriale. Fame, motivazioni. Lotito e Fabiani volevano solo gente pronta a sbranare il pallone senza accampare diritti. Fondamentale, sotto l’aspetto mentale, indovinare l’allenatore. Baroni si è presentato a Formello dicendo di voler sfruttare l’occasione, perché la Lazio era il punto più alto della sua carriera. È riuscito a trasmettere il suo pensiero al gruppo.


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La mentalità: ritrovati i gol con il corggio e i terzini alti 

L a Lazio di Sarri, nell’ultima stagione, aveva smarrito la capacità di segnare e costruire occasioni, non solo a causa della ridotta vena realizzativa di Immobile. Baroni sapeva di dover intervenire sulla mentalità offensiva e sull’attacco, a maggior ragione nell’estate in cui la squadra perdeva la fantasia e gli assist di Luis Alberto e Felipe. L’ex tecnico del Verona ha trasmesso subito coraggio, non ha avuto paura o esitazioni. Un attaccante in più e un difensore in meno è stato il messaggio recapitato, in ogni circostanza, al gruppo. Non solo. Baroni ha “liberato” i terzini. Mau li teneva inchiodati alla linea arretrata, non a caso due anni fa chiuse con 21 clean sheet e la miglior difesa del campionato. Si era perso anche Lazzari, ora ritrovato. Questa è la Lazio dei quattro attaccanti e dei terzini arrembanti. Dopo 10 giornate, ha già realizzato 9 gol in più (22 contro 13) rispetto allo scorso campionato. Nuno Tavares, la vera sorpresa della Serie A, ha servito 8 assist. Dall’inizio della stagione, la squadra biancoceleste non ha segnato solo allo Stadium con la Juve, giocando in dieci per 70 minuti. Senza l’espulsione di Romagnoli, chissà come sarebbe andata a finire. I rimpianti di Baroni sono limitati: quella partita, nonostante il risultato negativo, ha trasmesso ulteriore forza alla Lazio.


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La mossa: Dia ha risolto il quiz del 10 aiutando Castellanos

I l vero colpo di genio di Fabiani si chiama Boulaye Dia, attaccante senegalese ex Salernitana e Villarreal, bloccato a fine maggio e preso a Ferragosto, quando i fuochi per l’addio di Immobile erano stati smorzati grazie ai diversivi che usano i diesse sul mercato mediatico. L’attesa del ritiro di Auronzo, il tempo di assorbire la pressione e le aspettative legate al possibile erede di una leggenda. La conferma di Castellanos e l’arrivo di Noslin giustificavano l’idea della ricerca di un vice Zaccagni, in realtà eletto capitano e titolarissimo, pieno di alternative in organico (da Pedro allo stesso olandese ex Verona). Anche le esitazioni al tiro del Taty nelle prime amichevoli estive convinsero la società e Baroni che sarebbe stato un azzardo non prendere un altro centravanti al posto di Ciro. Questa Lazio è nata alla terza di campionato, fine agosto, quando il tecnico decise di piazzare Dia accanto a Castellanos per sfidare il Milan all’Olimpico. Due punte vere, squadra super offensiva. Nel secondo tempo di Como, il senegalese ha confermato quanto pesi la sua presenza. Determina, rende concreto e pericoloso l’attacco. Dia ha forza fisica e tecnica. Sa servire gli assist e spaccare le difese con il suo scatto. Taty segna con più facilità quando giocano in tandem, perché gli toglie pressione e gli libera lo spazio davanti. Il modo in cui Boulaye lo ha lanciato verso il 4-1 è il manifesto di una coppia tra le più belle e competitive della Serie A.


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La mediana a due: assetto ideale per Rovella e Guendouzi

L ’ acquisto di Dia è stato decisivo non solo per consentire al Taty di dividere il peso dell’attacco. Baroni, durante l’estate, oscillava tra l’idea del 4-3-3 e del 4-2-3-1. Cataldi, si sapeva, sarebbe andato via e mancava un regista. Anche il trequartista era un rebus. Dele Bashiru da educare, Castrovilli un’incognita. Il senegalese ha consentito al tecnico di puntare con decisione su un centrocampo a due. L’assetto ideale per Guendouzi e Rovella. Il francese giocava nello stesso modo nell’Arsenal di Emery. L’ex Juve è un mediano, corre avanti e indietro per il campo, porta palla, non ha i tempi del play classico. Il più completo è Vecino, lineare e dinamico, geometrico nel modo di interpretare il ruolo. L’uruguaiano e l’ex OM sono di livello internazionale. Rovella ha prospettive azzurre, sinora chiuso solo perché Ricci e Fagioli sono molto più registi e l’Italia di Spalletti si muove con il vertice basso. Oggi la Lazio ha un pacchetto di mediani top. Pedro trequartista è l’altra invenzione di Baroni, bravissimo a lucidare la vecchia guardia di Sarri. «Non mi ha stupito. In quella posizione - osservava il suo amico Fabregas nella notte di Como - può correre molto meno rispetto a quando deve coprire la fascia». Lo spagnolo di fatto ha garantito i colpi persi con Luis Alberto e Felipe. L’eternità dei fuoriclasse.


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La preparazione: condizione ok. Pedro e Vecino sono al top

L a Lazio tiene il campo benissimo, è compatta, corre e pressa in avanti. Distanze corte. Baroni sta migliorando gli equilibri tattici. La coppia dei due difensori spagnoli, Patric e Gila ormai a regime, ha aggiunto velocità. Una dote indispensabile per attaccare e non subire ripartenze. A Como giocavano altissimi, non si sono quasi mai fatti sorprendere. Saltavano e accorciavano su ogni pallone. L’intero organico, al netto di qualche inevitabile infortunio, gode di ottima condizione. Il tecnico fiorentino voleva partire forte e ha indovinato la preparazione studiata da Andrea Petruolo e Federico Di Dio, i suoi collaboratori, responsabili atletici dello staff. Quanto terrà la Lazio? Ecco la domanda su cui girerà la stagione. Forse servirebbe un centrocampista in più. Fabiani risponde all’obiezione facendo presente che Dele Bashiru e Castrovilli non sono entrati a Como. Dia e Pedro al posto del numero 10 e una squadra a trazione anteriore hanno ridotto lo spazio sulla linea mediana. La rosa è omogenea. Rispetto al passato mancano alcuni top, ma ci sono più alternative dello stesso livello. Due giocatori per ogni ruolo. Baroni, grazie all’Europa League, sta coinvolgendo tutti. La Lazio vola oltre ogni previsione. Applausi.


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La strategia: più velocità nel motore e motivazioni

L ’architettura della nuova Lazio nasce dagli ultimi mesi di Sarri. Mau e il ds Fabiani avevano individuato un difetto di fabbrica certificato dalla gestione Tudor. Era una squadra con più classe ma senza ritmo e intensità. Questione di caratteristiche. Il super centrocampo di Inzaghi (Leiva-Milinkovic-Luis Alberto) non aveva mai avuto nel dinamismo la dote principale. È stata una conversione lenta e faticosa. Gli acquisti di Rovella e Guendouzi, nell’estate 2023, andavano in questa direzione. Tra luglio e agosto, la Lazio ha finito di rinnovare e potenziare il motore. Ha puntato sulle fibre muscolari, sulla prepotenza fisica e l’accelerazione di giocatori esplosivi. Nuno Tavares e Dia sono gli esempi a cui riferirsi. Hanno aggiunto velocità e strappi, come insegna la Premier. Anche gli acquisti di Tchaouna, Noslin e Dele Bashiru seguivano il criterio a cui è stato semplice abbinare l’elemento caratteriale. Fame, motivazioni. Lotito e Fabiani volevano solo gente pronta a sbranare il pallone senza accampare diritti. Fondamentale, sotto l’aspetto mentale, indovinare l’allenatore. Baroni si è presentato a Formello dicendo di voler sfruttare l’occasione, perché la Lazio era il punto più alto della sua carriera. È riuscito a trasmettere il suo pensiero al gruppo.


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