La nuova Italia di Spalletti: tutto su come giocherà

Il ct si avvicina in un modo totalmente inedito: vedremo una Nazionale senza un modulo fisso e nel solco tradizionale del calcio italiano come valori e appartenenza
Fabrizio Patania

Fuori dagli schemi, attraente, quasi misteriosa. Così nasce e comincerà a prendere forma l’Italia di Spalletti. Oggi si apre il ritiro di Coverciano, conferenza stampa del ct e primo allenamento. Sono trascorsi tre anni dal titolo di Wembley e nove mesi esatti dall’ingresso dell’ex tecnico del Napoli al posto del dimissionario Mancini. Un vento nuovo, pieno di curiosità, accompagna la Nazionale. In Germania ci presenteremo da campioni uscenti e senza l’etichetta di favoriti. L’onta dell’eliminazione dal Mondiale in Qatar ha ridotto, non di poco, le aspettative. Può essere un vantaggio, ma superare il girone con Albania, Spagna e Croazia non è scontato. Manca il fuoriclasse, un vero numero 10 e il ct ha scelto la mozione dei sentimenti - “convocando” Totti, Baggio, Del Piero, Antognoni e Rivera accanto agli azzurri - per stimolare il senso di appartenenza e di responsabilità. La testa conta quanto il campo. Il talento, distribuito tra diversi buoni giocatori, esiste: andrà esaltato, come succedeva nel suo Napoli, attraverso la disponibilità al sacrificio e un’organizzazione di gioco non troppo rigida.

Italia, niente modulo fisso

Un’Italia senza un modulo fisso e poco leggibile dal punto di vista tattico non si è mai vista. Dieci giorni di preparazione e due amichevoli dovranno bastare a Spalletti per incidere e mettere in pratica l’idea. Il resto toccherà alla capacità degli azzurri di compattarsi, creando un gruppo d’acciaio. Buffon, campione del mondo a Berlino nel 2006, sorveglierà lo spogliatoio. Si può essere moderni nel solco della tradizione. 


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Italia, doppio mediano e tre difensori

Tre difensori centrali e due mediani per garantire l’equilibrio. Ecco cosa sta spingendo Spalletti verso la virata tattica. L’analisi approfondita delle sei partite di qualificazione verso Euro24 ha generato i dubbi e provocato le riflessioni del ct e del suo staff. L’Italia con il 4-3-3 tendeva ad allungarsi sul campo, concedeva qualcosa (o molto) in campo aperto, faticava a tenere i 90 minuti sullo stesso livello di intensità e di aggressività. Gli infortuni di Berardi e Zaniolo, l’abitudine di una larga parte dei club di Serie A alla difesa a tre e la possibilità di sfruttare il blocco dell’Inter hanno contribuito alla svolta. Lucio a Coverciano lavorerà sul 3-4-2-1, già visto nelle amichevoli con Ecuador e Venezuela, senza trascurare l’opportunità di tornare al vestito classico con due ali e un centravanti. Un doppio modulo per sorprendere e farsi trovare pronti per ogni evenienza. 

Completezza

Nella lista dei 30 convocati il ct si è tenuto largo, ha coperto i ruoli e le caratteristiche per qualsiasi disegno tattico. A centrocampo può scegliere il palleggio di Jorginho, Ricci e Fagioli, la corsa di Barella e Frattesi o la struttura di Cristante. Sulla trequarti potrà usare la fantasia di Pellegrini, gli strappi di Chiesa, i ricami di Zaccagni, il sinistro di Orsolini o gli inserimenti del “fisicato” Folorunsho. Non mancano gli esterni per saltare l’uomo o per coprire l’intera fascia come Dimarco, Bellanova e persino El Shaarawy. La difesa propone mille soluzioni. Nei tre potrebbero essere impiegati Darmian e Di Lorenzo. Mancini, Scalvini sono di piede destro. Gatti è stato preallertato dopo la rinuncia ad Acerbi. Buongiorno, Bastoni e Calafiori di piede sinistro.  

Duttilità 

La rivelazione del Bologna, come Cambiaso, indica la strada percorsa da Spalletti. Si va verso un modulo fluido, cosiddetto “liquido”, in cui conta l’intesa tra i giocatori. Il 6 giugno, quando bisognerà ridurre la rosa da 30 a 26 nomi, gli eclettici verranno favoriti. Il ct pensa un’Italia fuori dagli schemi, in grado di creare sorprese. Per questo motivo da mesi parla del calcio relazionale, dei modelli ispirati dall’Inter di Inzaghi (3-5-2 molto più dinamico rispetto al passato) e dal Bayer Leverkusen di Xabi Alonso (3-4-2-1), ma anche il suo Napoli si inseriva nel tracciato in cui si mescolano i principi ereditati da Guardiola e la nuova frontiera tattica. Per semplificare. Sei giocatori “perimetrali” definiscono lo spazio in cui si muove la squadra: sono i tre centrali (linea difensiva), la prima punta (profondità), i due esterni (ampiezza). I quattro “interni” (due mediani, due trequartisti) sono liberi di muoversi, di associarsi e di creare densità in zona palla per riconquistarla, difendersi o attaccare. Le connessioni, gli scambi di posizione con gli esterni generano le giocate meno prevedibili. 


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Riaggressione e blocco squadra

Ogni allenatore ha il proprio modo di esprimersi, di spiegare e di raccontare. Nel glossario di Spalletti entrano con frequenza vocaboli meno comuni o aderenti al linguaggio ristretto di Coverciano. Il calcio, semplice per definizione e un po’ meno quando si prova a studiarlo, non è mai cambiato. Vive di evoluzioni, di correnti di pensiero, di mosse e di organizzazione. Non significa trascurare o sminuire le qualità tecniche dei giocatori, spesso decisive in misura superiore. Una spiegazione può rendere più comprensibili i principi di cui parla il ct. 

Calcio razionale 

E’ la nuova frontiera, partendo da un presupposto fondamentale. L’intesa tra due giocatori, che si muovono in una zona limitrofa e si capiscono a occhi chiusi, esiste da sempre e si vede in qualsiasi sistema tattico. Oggi si va ancora di più verso un’interpretazione dinamica, non statica, dello schema. Il modello di Guardiola viene definito “posizionale”, ma nel suo Barcellona la relazione tra Xavi e Iniesta era significativa: faticavi a distinguere il play dalla mezzala. Pep ha introdotto i cinque canali offensivi (gli spazi di mezzo e il corridoio centrale oltre alle due fasce) in cui posizionarsi per creare superiorità formando dei rombi rispetto al portatore di palla (due appoggi e un vertice alto: tre possibilità di passaggio). Nel modello relazionale, di cui la Fluminense di Diniz è un esempio, sono gli interscambi tra i giocatori e la loro libertà di movimento a determinare il modulo. Confine impercettibile. Spalletti ha esteso il concetto al senso di squadra, allo spirito di sacrificio condiviso, al rapporto tra i giocatori come principio fondante del successo.  

Bifasici 

L’Italia come il suo Napoli. Tutti insieme, nessuno escluso, si difende e si attacca. E’ la dote richiesta per interpretare un modulo più sofisticato come il 3-4-2-1. Lucio parla di calciatori “bifasici”, devono garantire le due fasi di gioco.  

Riaggressione

E’ il termine usato per spiegare il pressing, in zona d’attacco, dopo aver perso la palla. Il quadrilatero di centrocampo (due mediani, due trequartisti) con l’appoggio degli esterni aiuta a creare densità nella zona di campo in cui si sta giocando. 

Ricomposizione 

Chiusa l’azione di attacco, la squadra deve essere rapida nel riposizionarsi in fase di non possesso, mantenendo l’ordine tattico e coprendo gli spazi senza perdere di vista l’uomo da marcare o l’avversario da aggredire. Spalletti lavora per la rinconquista “alta” del pallone, ma ci saranno momenti della partita in cui l’Italia si ritirerà dietro la linea di attesa o davanti alla propria area di rigore. Le distanze corte tra i reparti tuteleranno il “blocco squadra”, come lo chiama il ct.


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Spalletti, consigli agli attaccanti

Walter Sabatini ci aveva avvertito a settembre. «Spalletti è uno studioso del calcio, trova e cambia le soluzioni, non è legato a un modulo». Nel suo libro autobiografico (“il mio calcio furioso e solitario”) l’ex direttore sportivo della Roma e in epoca precedente della Lazio scrive: «Luciano è un istrione e istrioniche sono le sue rappresentazioni, che guardano sempre a un obiettivo: la stabilizzazione di un’idea di calcio complessa ma affascinante. Il suo cervello è ricco di fughe in avanti e indietro. Ogni giorno, dopo l’allenamento, non vedevo l’ora che raggiungesse il mio ufficio. Quegli incontri fugaci erano quanto di più stimolante ci potesse essere. I venti minuti più attraenti della mia giornata».

Evoluzione 

Nel suo lungo viaggiare nei ritiri della Serie A, il ct ha continuato a studiare, si è confrontato con i colleghi, ha “preso” e ha metabolizzato le varianti tattiche dell’Inter e del Bologna, dell’Atalanta e della Roma. Assorbe come una spugna, non si è mai chiuso nel suo credo, non si è mai fermato. «Non ho il mio calcio e non lo voglio avere» ha raccontato due settimane fa. Tutti, in movimento, sono liberi di inventare. Anche Dimarco e Di Lorenzo, terzini votati a inserirsi per vie centrali. «Il 2 e il 10, il 4 e il 10, il 7 e il 10. Ognuno può e deve trovare la giocata per risolvere» l’altra chiave di lettura utile per decifrare come si muoverà l’Italia. 

Esperienza 

Sarebbe sbagliato classificarlo come uno scienziato del calcio. Il ct viene dalla gavetta, ha faticato per imporsi. Trent’anni di lavoro, un gradino alla volta. Ok lo studio, ma nel suo modo di allenare c’è anche spazio per i vecchi trucchi del mestiere, per la sensibilità e le astuzie derivate dal campo. Due esempi scoperti a gennaio quando è stato premiato con la Panchina d’Oro e ha tenuto una lezione ai colleghi a Coverciano. Sapete cosa raccomanda Spalletti ai suoi centravanti? «Per non finire in fuorigioco, tenete d’occhio il guardalinee. E’ molto più facile guardare lui rispetto all’ultimo difensore avversario». Un segreto per smarcarsi suggerito agli attaccanti e ai centrocampisti. «Nascondetevi e fatevi trovare dietro o vicino all’arbitro. Di solito chi difende, si tiene lontano. E’ la zona in cui si crea lo spazio superiore per ricevere il passaggio». 


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La chiave mentale e gli stimoli

Il codice Spalletti non esiste, è solo uno slogan mediatico, peraltro poco gradito all’ex tecnico del Napoli. Il ct non impone regole, ma pretende comportamenti, serietà professionale, senso di appartenenza e di responsabilità. Tardelli, pensando a Bearzot, lo ha elogiato, sottolineando l’aspetto umano. Da nove mesi Lucio parla di felicità e di piacere, l’equazione perfetta da riscoprire indossando la maglia azzurra, 24 ore al giorno e non solo durante l’allenamento. L’esclusione di Scamacca dalla tournée americana di fine marzo suonava come un monito al gruppo, non solo al centravanti dell’Atalanta. Si concede la prova d’appello. Basta capire, mettersi a disposizione e reagire nel modo giusto.

Riposo 

Per risolvere il dilemma della Play Station o delle serie tv che tengono svegli i calciatori sino a notte fonda, Lucio ha chiesto di allestire una sala giochi nel ritiro di Iserlohn da aprire in orari prestabiliti. Il sonno aiuta a recuperare e non va trascurato. La chiave mentale racconterà la Nazionale. «Rendere orgogliosi gli italiani sarebbe l’attestato più bello da ricevere al nostro ritorno». Il successo passa dalla condivisione e da uno spirito solidale. Quel recupero palla, durante la partita con il Sassuolo e in cui il suo Napoli correva in modo compatto all’indietro, rappresenta il manifesto ideale di quanto chiederà all’Italia. Buffon lo aiuterà a cementare lo spogliatoio, un blocco unico può diventare il valore aggiunto, come tante volte ha dimostrato la storia azzurra, anche nel 2021 e senza risalire al 1982 o al 2006. Il capodelegazione, prima di ogni allenamento, riunisce in palestra gli azzurri. Si mettono in cerchio e urlano tre volte. «Chi siamo noi?». «L’Italia».  

Stimoli forti

Devono passare i messaggi corretti. Spalletti ha sempre lavorato sulla testa. La fatica mentale può pesare di più rispetto a quella fisica e non ci sarà tempo per aggiustare i muscoli. L’incontro con Sinner a Miami era propedeutico al concetto di sacrificio, al talento da allenare. Nell’intervista di fine aprile al nostro direttore, il ct aveva anticipato la convocazione simbolica di Totti, Baggio, Del Piero e Antognoni (a cui poi ha aggiunto Rivera). Quattro numeri 10, anzi cinque, per donare agli azzurri una straordinaria motivazione supplementare. Un’emozione da accendere nel cuore del gruppo. Lucio li porterà in campo, non solo in sala da pranzo, il 3 giugno a Coverciano. 


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Fuori dagli schemi, attraente, quasi misteriosa. Così nasce e comincerà a prendere forma l’Italia di Spalletti. Oggi si apre il ritiro di Coverciano, conferenza stampa del ct e primo allenamento. Sono trascorsi tre anni dal titolo di Wembley e nove mesi esatti dall’ingresso dell’ex tecnico del Napoli al posto del dimissionario Mancini. Un vento nuovo, pieno di curiosità, accompagna la Nazionale. In Germania ci presenteremo da campioni uscenti e senza l’etichetta di favoriti. L’onta dell’eliminazione dal Mondiale in Qatar ha ridotto, non di poco, le aspettative. Può essere un vantaggio, ma superare il girone con Albania, Spagna e Croazia non è scontato. Manca il fuoriclasse, un vero numero 10 e il ct ha scelto la mozione dei sentimenti - “convocando” Totti, Baggio, Del Piero, Antognoni e Rivera accanto agli azzurri - per stimolare il senso di appartenenza e di responsabilità. La testa conta quanto il campo. Il talento, distribuito tra diversi buoni giocatori, esiste: andrà esaltato, come succedeva nel suo Napoli, attraverso la disponibilità al sacrificio e un’organizzazione di gioco non troppo rigida.

Italia, niente modulo fisso

Un’Italia senza un modulo fisso e poco leggibile dal punto di vista tattico non si è mai vista. Dieci giorni di preparazione e due amichevoli dovranno bastare a Spalletti per incidere e mettere in pratica l’idea. Il resto toccherà alla capacità degli azzurri di compattarsi, creando un gruppo d’acciaio. Buffon, campione del mondo a Berlino nel 2006, sorveglierà lo spogliatoio. Si può essere moderni nel solco della tradizione. 


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