Torniamo al Napoli, che domenica sarà di scena a Cagliari, dove sei stato protagonista di una promozione in A e di una bellissima salvezza.
«Giocherà per vincere, come è giusto che sia, con un attaccante di valore assoluto come Lukaku. Antonio e Romelu si conoscono bene, è un valore aggiunto».
Il Cagliari?
«La battuta d’arresto di Lecce è pesante, perché veniva da due buoni pareggi con Roma e Como. Ora ha tre gare difficili: Napoli, scontro salvezza con l’Empoli e poi a Parma, contro una squadra che gioca bene e che ha Pecchia, allenatore bravissimo. E’ arrivato Gaetano, ottimo giocatore, aumenterà il tasso di qualità. Poi c’è Prati, regista di valore che però deve crescere. L’incognita è l’attacco che segna poco. Nicola ha dato alla sua squadra un’ottima fase difensiva, ora deve lavorare di più su quella offensiva».
Giulini ha scelto la linea giovane, cosa ne pensi?
«Scelta sacrosanta, è quello che devono fare le società di medio livello: cercare calciatori di prospettiva, non si può mica andare sul mercato e sperperare i soldi minando il bilancio del club. Quindi, devi costruirti in casa i giocatori forti e per farlo le i club devono dotarsi di una struttura tecnica capace di individuare ragazzi di prospettiva».
Insomma, auspichi un ritorno agli anni 90, quando i calciatori italiani erano al top.
«In Serie A giocavano stranieri fortissimi, i più forti del mondo, ma gli italiani non erano da meno. Dobbiamo tornare a quei livelli. Serviranno anni di lavoro ma il traguardo deve essere questo».
Dopo gli esordi nella Corrasi, la squadra del tuo paese, Nuorese, Torres, Napoli, Parma e Chelsea, prima del rientro in Italia, al Cagliari. In Inghilterra la consacrazione: 229 partite, 59 gol, il premio come miglior giocatore del Chelsea di tutti i tempi, l’incontro con la Regina e il titolo di sir. In Inghilterra il calcio è un’altra cosa?
«Sì, è più spontaneo, mentre in Italia siamo molto concentrati sulla tattica e il gioco risulta più lento e meno divertente. Poi c’è una differenza di mentalità, tutte le squadre, anche quelle che lottano per la salvezza, giocano sempre per vincere. Non esiste un problema di motivazioni, si scende in campo ogni volta per dare il massimo. È una forma di rispetto».
Vorrei chiudere con una nota malinconica. L’altro giorno è venuto a mancare Cesare Poli, uno dei protagonisti dello scudetto 1970 del Cagliari. A gennaio è scomparso Riva. Qual è il tuo ricordo?
«Non ho parole adatte per esprimere le mie emozioni, mi viene ancora adesso la pelle d’oca. Per noi sardi, Gigi è un esempio inarrivabile, una di quelle figure a cui tutti dobbiamo molto. L’ho conosciuto bene in Nazionale e come uomo, se possibile, è stato più grande che come calciatore. Io mi son o sempre guardato indietro, alla ricerca di esempi positivi a cui ispirarmi e Gigi è stato uno di questi, il migliore. Il mio sogno era di riuscire a rappresentare la mia gente come ha fatto lui. Il 22 gennaio Gigi se n’è andato, ma non se n’è andato».