Pagina 1 | L'alieno Sinner e l'incubo Wada

Alieno. Dentro al campo nulla può scalfirlo. I pensieri intrusivi non esistono, concentrazione alle stelle. Ogni punto, ogni colpo. Non c’è alcun istante in cui Sinner non sia focalizzato sul match. È la sua qualità più grande, che va oltre la tecnica, oltre la tattica; come se non fosse mai esistita la vicenda doping, come se non pensasse al ricorso della Wada, alla sentenza di Losanna (che arriverà presumibilmente nei primi mesi del 2025). Jannik soffre fuori dal campo, come ha più volte raccontato, ma quando dalla sedia dell’arbitro arrivano chiare e forti le parole “ready, play” tutto scompare; c’è solo l’avversario, le palline, la capacità di isolarsi dal mondo. Non è un caso che, più di altre volte, Sinner abbia lasciato poco spazio al contorno: ha sorriso, per educazione, a Tomas Machac che gli diceva “ehi, tiri troppo forte, mi hai rotto la racchetta”; ha provato a non farsi coinvolgere in tutto ciò che poteva minimamente portarlo fuori strada. L’intelligenza di Jannik è superiore: sa come reagire, se reagire, quando reagire agli stimoli che arrivano dagli spalti.

Pochi sorrisi

Nel corso del Masters 1000 di Shanghai Sinner ha sorriso di rado, non si è lasciato coinvolgere da episodi più o meno divertenti che avvenivano dentro e fuori dal campo. Una scelta che ha pagato. «Quest’anno ho perso un po’ il sorriso a causa di ciò che è accaduto (positività al doping, sentenze, ricorsi) – ha raccontato il numero 1 del mondo in conferenza stampa – e a volte mi torna tutto in testa, ma cerco comunque di godermela per quanto possibile. Provo a controllare ciò che posso, mentalmente e fisicamente è possibile. Se sbaglio, o se in alcuni frangenti sono sfortunato, provo a rimanere calmo. Gioco e spingo con l’energia che possiedo in quella determinata situazione. Ogni giorno è diverso dall’altro e sono felice di come sto gestendo ciò che accade fuori dal campo».


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Wada o non Wada

C’è chi, in una situazione del genere, avrebbe smesso di giocare, nascosto per mesi nella propria camera da letto; altri non sarebbero più riusciti a vincere un match. Alcuni soffrirebbero per le parole, spesso indelicate e ignoranti, di colleghi e addetti ai lavori. Quando le malelingue iniziano a viaggiare è difficile controllarle. È troppo facile pensare di non leggere o ascoltare le opinioni altrui. Jannik ha spiegato di avere la coscienza pulita, di essere consapevole di non aver commesso alcun illecito. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Le accuse, proprio perché considerate inappropriate, spesso sono ancor più difficili da affrontare, da digerire. L’ansia di ciò che potrà accadere a Losanna, però, riuscirà a scalfire (presumibilmente) anche l’alieno Sinner, perché il ricorso della Wada non sembra essere pronosticabile. È un terno al lotto, una matassa difficile da sciogliere. Continuare a vincere e a convincere è quasi surreale, così come i risultati ottenuti quest’anno. «A proposito di futuro, non si sa mai cosa potrà accadere. Staremo a vedere». Un’altra lezione firmata Jannik Sinner.


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Alieno. Dentro al campo nulla può scalfirlo. I pensieri intrusivi non esistono, concentrazione alle stelle. Ogni punto, ogni colpo. Non c’è alcun istante in cui Sinner non sia focalizzato sul match. È la sua qualità più grande, che va oltre la tecnica, oltre la tattica; come se non fosse mai esistita la vicenda doping, come se non pensasse al ricorso della Wada, alla sentenza di Losanna (che arriverà presumibilmente nei primi mesi del 2025). Jannik soffre fuori dal campo, come ha più volte raccontato, ma quando dalla sedia dell’arbitro arrivano chiare e forti le parole “ready, play” tutto scompare; c’è solo l’avversario, le palline, la capacità di isolarsi dal mondo. Non è un caso che, più di altre volte, Sinner abbia lasciato poco spazio al contorno: ha sorriso, per educazione, a Tomas Machac che gli diceva “ehi, tiri troppo forte, mi hai rotto la racchetta”; ha provato a non farsi coinvolgere in tutto ciò che poteva minimamente portarlo fuori strada. L’intelligenza di Jannik è superiore: sa come reagire, se reagire, quando reagire agli stimoli che arrivano dagli spalti.

Pochi sorrisi

Nel corso del Masters 1000 di Shanghai Sinner ha sorriso di rado, non si è lasciato coinvolgere da episodi più o meno divertenti che avvenivano dentro e fuori dal campo. Una scelta che ha pagato. «Quest’anno ho perso un po’ il sorriso a causa di ciò che è accaduto (positività al doping, sentenze, ricorsi) – ha raccontato il numero 1 del mondo in conferenza stampa – e a volte mi torna tutto in testa, ma cerco comunque di godermela per quanto possibile. Provo a controllare ciò che posso, mentalmente e fisicamente è possibile. Se sbaglio, o se in alcuni frangenti sono sfortunato, provo a rimanere calmo. Gioco e spingo con l’energia che possiedo in quella determinata situazione. Ogni giorno è diverso dall’altro e sono felice di come sto gestendo ciò che accade fuori dal campo».


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