D all’ultimo al quinto posto. Un girone intero per tornare in quota Champions, a meno 1 dalla Fiorentina. Sarri, calando il poker e battendo il Lecce, ha completato la rimonta. Non basta, non può bastare. Il rischio si trasformi in un’illusione è fondata su dati oggettivi: la spedizione a Riyad per la Supercoppa interrompe la rincorsa e produrrà, inevitabilmente, degli scompensi. La Lazio si ferma per calendario e alla ripresa del campionato affronterà il Napoli. Le distanze aumenteranno di nuovo, costringendo ancora i biancocelesti a rincorrere, ma 33 punti dopo 20 giornate sono un fatto assodato. E pongono Sarri nella condizione di giocarsi l’obiettivo principale della stagione, un piazzamento Champions, da qui alla fine di maggio. Non era un evento pronosticabile sino a quindici giorni fa. Dietro c’è un lavoro enorme, faticoso e silenzioso, portato avanti a Formello durante un autunno pieno di ostacoli. Non basta mettere in fila i successi con Lecce, Udinese, Frosinone ed Empoli, favoriti anche da un calendario meno duro. La Lazio ha raggiunto la semifinale di Coppa Italia, eliminando la Roma nei quarti, e ha superato il girone di Champions (dopo aver fatto fuori Feyenoord e Celtic) centrando l’ingresso agli ottavi. Senza il gioco e una solida organizzazione tattica, non sarebbe stato possibile. Durante il cammino vittorie pesantissime su Atalanta, Fiorentina, Torino e Napoli confermavano lo spessore del gruppo, fiaccato dalla scarsa forma degli attaccanti e dalla cessione (pesantissima) di Milinkovic. Ai contestatori di Mau consigliamo di andare a contare i gol mancanti del serbo, di Luis Alberto, di Immobile, di Felipe e di Zaccagni per capire dove era nato il gap, tuttora esistente, con la stagione passata.
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