Juve, fenomeno NextGen: 158 milioni in cassa

La società bianconera ha realizzato questo introito in cinque anni. Solo questa estate 80,4 milioni. E con Mbangula e Savona salgono a 36 gli esordienti
Giorgio Marota

Quando la visione umana incontra l’opportunità politica, viene condita da un pizzico di ambizione dirigenziale e poi mescolata con il coraggio delle scelte quotidiane, la ricetta non può che essere vincente. Chissà se Agnelli e gli altri padri fondatori della NextGen, il progetto “seconda squadra” che vide la Juventus precorritrice di un modello oggi seguito soltanto da Atalanta (dal 2023) e Milan (da pochi mesi), avevano previsto in quell’epoca di assestamento politico-federale, nell’interregno del commissario straordinario della Federcalcio Fabbricini, che una semplice idea potesse portare in poco più di 5 anni ben 158 milioni di euro di cessioni.

Juve, la strategia

Si tratta di una cifra monstre per una squadra di Serie C, costata secondo alcune stime del club circa 193 milioni dal 2018 comprendendo tutte le spese possibili, dagli acquisti agli staff, fino ad arrivare alle trasferte e ai costi delle strutture. Un investimento che in principio serviva per raggiungere tre obiettivi strategici: ridurre il numero di prestiti, inserire più giovani in prima squadra così da abbassare gli ammortamenti e abbattere il monte ingaggi e, non per ultimo, rinsaldare il senso di appartenenza in stile Barcellona. La prima svolta c’è stata sui trasferimenti. Quando Federico Cherubini, la mente e il primo esecutore del progetto al quale hanno lavorato Marotta e Paratici, oltre che Claudio Chiellini, Fusco e Manna (oggi tutti fuori dal club tranne Chiellini, di fatto la nuova società a trazione Elkann-Scanavino ha optato per il reset), arrivò alla Juventus come direttore dei prestiti, la Signora aveva circa 70 calciatori ceduti temporaneamente, il 70% dei quali in Lega Pro. Nel 2023-24 questo numero si è attestato a quota 30. Ma non è soltanto una questione numerica: adesso i giovani salutano Vinovo dopo aver già compiuto una prima fondamentale esperienza (in casa, dentro un ambiente protetto) in un campionato tosto come quello di C; di conseguenza, la Juve disputa il campionato Primavera sotto età con gli Under 18. I ragazzi vincono meno - come se vincere a quell’età portasse qualche beneficio - però crescono meglio.


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Motta in scia

Savona e Mbangula sono soltanto gli ultimi due fiori sbocc iati grazie alle intuizioni di un abile coltivatore di talenti. Thiago Motta contro il Como non ha avuto paura a lanciarli - Mbangula addirittura titolare con gol all’esordio - e prima ancora a inserirli durante la preparazione estiva, escludendo dal gruppo calciatori più esperti nei loro stessi ruoli come Rugani, Djaló e De Sciglio da una parte e Kostic e Chiesa dall’altra. Prima dell’italo-brasiliano era stato Allegri ad attingere a piene mani dal vivaio: da Nicolussi Caviglia, il primo NextGen a esordire in A, fino a Sekulov, i figliocci di Max sono stati addirittura 20. Da allenatore Pirlo ha offerto una vetrina a 7 ragazzi, prima di lui Sarri ad altri 6. I prossimi saranno probabilmente i ventenni Rouhi, terzino sinistro che ha appena rinnovato fino al 2028, e Tommaso Mancini, di professione attaccante. Da questa palestra sono passate negli anni alcune meteore come Matheus Pereira, Muratore e Wesley Gasolina, ma anche calciatori poi esplosi come Fagioli e Miretti, Mavididi (oggi al Leicester), Dragusin (Tottenham) Rafia (Lecce) e tutti quelli dell’ultima nidiata che ha portato nelle casse più di 80 milioni, soldi utili a finanziare il mercato dei big grazie alle partenze di Soulé in direzione Roma, Huijsen al Bournemouth, Iling-Junior e Barrenechea all’Aston Villa, De Winter al Genoa (c’era il riscatto obbligatorio), Kaio Jorge al Cruzeiro e Sekulov alla Samp, senza dimenticare i 13 milioni incassati per Kean, altro ragazzo “made in Juve” che non passò per la NextGen soltanto perché a 18 anni, mentre il progetto decollava, era già pronto per la Serie A.

 


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Quando la visione umana incontra l’opportunità politica, viene condita da un pizzico di ambizione dirigenziale e poi mescolata con il coraggio delle scelte quotidiane, la ricetta non può che essere vincente. Chissà se Agnelli e gli altri padri fondatori della NextGen, il progetto “seconda squadra” che vide la Juventus precorritrice di un modello oggi seguito soltanto da Atalanta (dal 2023) e Milan (da pochi mesi), avevano previsto in quell’epoca di assestamento politico-federale, nell’interregno del commissario straordinario della Federcalcio Fabbricini, che una semplice idea potesse portare in poco più di 5 anni ben 158 milioni di euro di cessioni.

Juve, la strategia

Si tratta di una cifra monstre per una squadra di Serie C, costata secondo alcune stime del club circa 193 milioni dal 2018 comprendendo tutte le spese possibili, dagli acquisti agli staff, fino ad arrivare alle trasferte e ai costi delle strutture. Un investimento che in principio serviva per raggiungere tre obiettivi strategici: ridurre il numero di prestiti, inserire più giovani in prima squadra così da abbassare gli ammortamenti e abbattere il monte ingaggi e, non per ultimo, rinsaldare il senso di appartenenza in stile Barcellona. La prima svolta c’è stata sui trasferimenti. Quando Federico Cherubini, la mente e il primo esecutore del progetto al quale hanno lavorato Marotta e Paratici, oltre che Claudio Chiellini, Fusco e Manna (oggi tutti fuori dal club tranne Chiellini, di fatto la nuova società a trazione Elkann-Scanavino ha optato per il reset), arrivò alla Juventus come direttore dei prestiti, la Signora aveva circa 70 calciatori ceduti temporaneamente, il 70% dei quali in Lega Pro. Nel 2023-24 questo numero si è attestato a quota 30. Ma non è soltanto una questione numerica: adesso i giovani salutano Vinovo dopo aver già compiuto una prima fondamentale esperienza (in casa, dentro un ambiente protetto) in un campionato tosto come quello di C; di conseguenza, la Juve disputa il campionato Primavera sotto età con gli Under 18. I ragazzi vincono meno - come se vincere a quell’età portasse qualche beneficio - però crescono meglio.


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