Trame da circoli, dialoghi nei salotti buoni e incontri nei palazzi che contano hanno animato l’ultimo anno di campagna elettorale per la carica più ambita - e scomoda - del calcio italiano. Da oggi, e fino al voto del 4 novembre, vedremo quindi solo la punta dell’iceberg, cioè la coda pubblica di percorsi privati battuti da mesi. Gabriele Gravina, che ha anticipato le elezioni anche per rispondere alle pressioni interne ed esterne, ha sempre potuto contare su una maggioranza solida con almeno tre componenti al suo fianco: Lega Dilettanti, Assocalciatori e Lega Pro; le prime due esprimono anche i vicepresidenti Figc, Ortolano per la LND e Calcagno per l’AIC. Insomma: se tutti oggi confermassero la loro fiducia, il presidente verrebbe rieletto con oltre l’80% dei voti. Ma quello federale non è mai stato un gioco matematico: oltre ai franchi tiratori esistono gli indecisi, gli allineati ma con riserva e quelli disposti a farsi convincere e, al netto di qualche fibrillazione, il fronte Gravina fin qui ha sempre retto.
L'opposizione a Gravina
Chi ha sempre giocato a carte scoperte è la Serie A, cioè l’opposizione. Una Lega a sua volta divisa in correnti: Inter, Juve, Milan e Roma, ad esempio, più di una volta hanno preso le distanze dalla maggioranza e a marzo hanno chiesto a Gravina di sostenere il format a 18 squadre contro gli altri club che vorrebbero restare a 20. La Serie A sta lavorando a un progetto di autonomia, oggi c’è anche un emendamento al "dl sport" che sostiene questa tesi e Via Rosellini ha già portato in tribunale la Figc (vincendo) sull’indice di liquidità ammissivo ai campionati. Il consigliere federale Lotito, patron della Lazio e senatore di Forza Italia, con queste elezioni avrà l’occasione per rovesciare l'avversario Gravina; non sarà lui, però, il volto pubblico della campagna e il tempo per organizzare il fronte scarseggia, anche a causa della mossa presidenziale di ieri.