ROMA - È la finale delle idee, della competenza, dei colpi a basso costo, dei talenti sconosciuti e portati alla ribalta. Gasp ha plasmato l’Atalanta, sta facendo sognare Bergamo e ora corre verso la Champions. Inzaghi non si è ripetuto in campionato con la Lazio, pagando alcune cadute di rendimento, ma ha centrato la terza finale e può vincere la Coppa Italia dopo aver alzato la Supercoppa nell’estate 2017 battendo la Juve a cui si era dovuto inchinare tre mesi prima. Tutti e due gli allenatori sono al terzo anno di gestione e hanno sfruttato la continuità del lavoro preparato da Sartori e Tare. Già, perché prima del campo contano l’opera e le intuizioni dei direttori sportivi. La filosofia aziendale, considerando fatturato ridotto e stipendi più contenuti, è diversa dalle big della Serie A. Atalanta e Lazio sono gli esempi virtuosi del calcio italiano. Seminano oggi, raccolgono domani, mettono in preventivo uno o due anni di attesa per accompagnare la crescita di giocatori, spesso in arrivo dall’estero, e non sempre prontissimi. Ma è l’unica strada per eliminare il gap con le grandi nel lungo periodo. Dodici anni senza centrare la Champions a Roma pesano sulla piazza, sugli umori volubili della tifoseria, eppure i conti della società biancoceleste sono in regola e la crescita è costante. Percassi, in tema di quarto posto, potrebbe piazzare il colpo a sorpresa: è davanti alla Roma e al Milan, deve ancora raggiungere il traguardo, restano 180 minuti di campionato e domani spera di vincere il primo trofeo della sua gestione. Lotito ne ha già messi in bacheca quattro, a testimonianza di quanto sia riuscito ad allestire ogni anno la squadra con competenza.
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