Atalanta-Lazio, la finale delle idee

Due squadre costruite attraverso la competenza e giocando d'anticipo sul mercato. Prima di Gasp e Inzaghi, il lavoro di Sartori e Tare: qualità e costi contenuti, esempi virtuosi in Serie A
Atalanta-Lazio, la finale delle idee
Fabrizio Patania

ROMA - È la finale delle idee, della competenza, dei colpi a basso costo, dei talenti sconosciuti e portati alla ribalta. Gasp ha plasmato l’Atalanta, sta facendo sognare Bergamo e ora corre verso la Champions. Inzaghi non si è ripetuto in campionato con la Lazio, pagando alcune cadute di rendimento, ma ha centrato la terza finale e può vincere la Coppa Italia dopo aver alzato la Supercoppa nell’estate 2017 battendo la Juve a cui si era dovuto inchinare tre mesi prima. Tutti e due gli allenatori sono al terzo anno di gestione e hanno sfruttato la continuità del lavoro preparato da Sartori e Tare. Già, perché prima del campo contano l’opera e le intuizioni dei direttori sportivi. La filosofia aziendale, considerando fatturato ridotto e stipendi più contenuti, è diversa dalle big della Serie A. Atalanta e Lazio sono gli esempi virtuosi del calcio italiano. Seminano oggi, raccolgono domani, mettono in preventivo uno o due anni di attesa per accompagnare la crescita di giocatori, spesso in arrivo dall’estero, e non sempre prontissimi. Ma è l’unica strada per eliminare il gap con le grandi nel lungo periodo. Dodici anni senza centrare la Champions a Roma pesano sulla piazza, sugli umori volubili della tifoseria, eppure i conti della società biancoceleste sono in regola e la crescita è costante. Percassi, in tema di quarto posto, potrebbe piazzare il colpo a sorpresa: è davanti alla Roma e al Milan, deve ancora raggiungere il traguardo, restano 180 minuti di campionato e domani spera di vincere il primo trofeo della sua gestione. Lotito ne ha già messi in bacheca quattro, a testimonianza di quanto sia riuscito ad allestire ogni anno la squadra con competenza.


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POCO SOPRA CR7 - Prendendo in esame i sedici probabili titolari della finale di Coppa Italia, tolti infortunati, squalificati e riserve che difficilmente entreranno in campo, Atalanta e Lazio sono costate in blocco circa 130 milioni di euro. Quasi 50 per la squadra di Gasperni, appena sopra gli 80 per il gruppo di Inzaghi. Parliamo del costo dei cartellini all’epoca dell’acquisizione, non del prezzo attuale di mercato. Significa, nel complesso, che 32 giocatori sono costati poco più di Cristiano Ronaldo, pagato 117 milioni dalla Juve compresi i 12 di commissioni riconosciuti a Jorge Mendes, il suo procuratore.


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ROMA - È la finale delle idee, della competenza, dei colpi a basso costo, dei talenti sconosciuti e portati alla ribalta. Gasp ha plasmato l’Atalanta, sta facendo sognare Bergamo e ora corre verso la Champions. Inzaghi non si è ripetuto in campionato con la Lazio, pagando alcune cadute di rendimento, ma ha centrato la terza finale e può vincere la Coppa Italia dopo aver alzato la Supercoppa nell’estate 2017 battendo la Juve a cui si era dovuto inchinare tre mesi prima. Tutti e due gli allenatori sono al terzo anno di gestione e hanno sfruttato la continuità del lavoro preparato da Sartori e Tare. Già, perché prima del campo contano l’opera e le intuizioni dei direttori sportivi. La filosofia aziendale, considerando fatturato ridotto e stipendi più contenuti, è diversa dalle big della Serie A. Atalanta e Lazio sono gli esempi virtuosi del calcio italiano. Seminano oggi, raccolgono domani, mettono in preventivo uno o due anni di attesa per accompagnare la crescita di giocatori, spesso in arrivo dall’estero, e non sempre prontissimi. Ma è l’unica strada per eliminare il gap con le grandi nel lungo periodo. Dodici anni senza centrare la Champions a Roma pesano sulla piazza, sugli umori volubili della tifoseria, eppure i conti della società biancoceleste sono in regola e la crescita è costante. Percassi, in tema di quarto posto, potrebbe piazzare il colpo a sorpresa: è davanti alla Roma e al Milan, deve ancora raggiungere il traguardo, restano 180 minuti di campionato e domani spera di vincere il primo trofeo della sua gestione. Lotito ne ha già messi in bacheca quattro, a testimonianza di quanto sia riuscito ad allestire ogni anno la squadra con competenza.


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