Peter Pan per rimanere giovane aveva un solo segreto: “I pensieri felici”. Di Angelo Ogbonna, 36 anni, svincolato dopo 9 stagioni al West Ham, tutto si può dire tranne che non abbia pensieri felici. Si capisce subito mentre racconta cosa sia stata per lui l'Inghilterra. E si intuisce quando racconta cosa spera sia per lui la vita adesso, lontana probabilmente da quel Paese che è stato casa e stadio, non necessariamente in quest'ordine. «Ma io - chiarisce ridendo - non sono un appassionato di Peter Pan. Non so come sia nata questa cosa».
Iniziamo bene, smentita subito la prima fake news. La seconda è che lei abbia un po' staccato la spina.
«Assolutamente no. Ho 36 anni, sto bene fisicamente e di testa, mi alleno con un preparatore. Sono pronto se dovesse arrivare un'offerta. Bisogna sempre esserlo».
Si parla di Bologna e Fiorentina, chiudiamo quindi il capitolo Premier? Vuole tornare in Serie A? Anche l'Arabia è un'opzione, un'esperienza che vorrebbe fare?
«Chiariamo anche questo: non mi piace parlare di esperienza. Io vorrei continuare a giocare a calcio, quindi prima c'è l'aspetto sportivo, poi il resto. Se mi arrivasse un'offerta valuterei tutto, non ho preclusioni tra Italia, Europa o altri Paesi».
Pensa mai al dopo?
«No, io mi sento ancora calciatore. So che ce ne sono alcuni, come De Rossi o Thiago Motta, che già ragionavano sul futuro quando giocavano, ma io non sono così. Fino a che sono nel rettangolo verde penso solo a quello».
De Rossi e Motta le piacciono?
«Tanto, li conosco bene. Erano allenatori anche in campo. Trovo positivo che in Serie A si stiano facendo strada tecnici emergenti, bravi e moderni. Non a caso si gioca di più e il campionato è migliorato».
E poi c'è Conte.
«Quanto sono felice che sia tornato... Non so se il Napoli possa vincere lo scudetto già ora ma so che se c'è uno che può fare i miracoli è lui».
La Premier vista da dentro: cominciamo?
«Prego, sono pronto».
Pensava mai di arrivare a 200 (più una) presenza, dietro soltanto a Zola tra gli Italiani che hanno giocato in Inghilterra?
«Mai. Eppure se mi guardo indietro non solo dico che questi nove anni sono volati, ma dico pure che è stato un onore immenso giocare così tante partite con il West Ham. Vincere la Conference è stato il coronamento di qualcosa di pazzesco, di incredibile».
L'attaccante più forte che ha dovuto affrontare?
«Agüero».
I difensori con cui avrebbe voluto giocare?
«Non si offendano i colleghi inglesi, ma dico Thuram e Maldini».
L'Inghilterra cosa ha rappresentato?
«Casa. A Londra sono nati i miei due figli. Viviamo a Battersea, un quartiere con tanto verde. Mia moglie ed io l'abbiamo scelto per questo, i bambini possono stare molto all'aria aperta e fare sport. Per noi è importante».
Il razzismo c'è ancora?
«C'è nel momento in cui ne parliamo, magari anche questa domanda lo è. Più parole e meno fatti, anche se mi sembra che si stia agendo e le cose stiano iniziando a cambiare».
I suoi piccoli, un bambino e una bambina, hanno quattro e sette anni: amano il calcio?
«Il maschio sì, gli piace».
Pochi giorni fa Spinazzola ha detto che per suo figlio è scarso, che preferisce altri campioni.
Ride a lungo. «Penso che il mio, di bambino, un po' mi veda come il suo idolo. Ma anche lui mi dice più o meno le stesse cose».
Alla sua famiglia dispiace lasciare Londra?
«Dispiace a tutti, ma siamo abituati a muoverci. Non conta dove si è, ma con chi».
Quasi dieci anni in Premier non sono da tutti: pensa di essere stato sottovalutato?
«Non sta a me dirlo. Io so che ho lavorato duro, non è stato facile ambientarmi, diventare un difensore così veloce come richiede il campionato inglese. Ma poi ce l'ho fatta e penso di aver avuto, a parte l'ultimo infortunio di due anni fa, la mia continuità».
Le faccio due nomi: Tonali e Calafiori.
«Sandro non lo conosco, non l'ho sentito, ma gli auguro di tornare presto in campo. Per me è fondamentale avere accanto persone che ti aiutino e penso che nel suo caso sia così. Purtroppo oggi i social media e gli smartphone amplificano tutto e rendono più difficile non cadere in certe stupidaggini. Per questo sto molto attento anche con i figli. Calafiori, invece, deve solo pensare a giocare come sa e essere se stesso. Sarà l'unico modo per non sentire la pressione del costo del suo cartellino».
E lei l'avverte la pressione?
«Prima forse un po', ma ho sempre pensato a lavorare e basta. Non è che mi serva granché per stare bene, mi basta la mia famiglia».
Magari la sentono gli inglesi che, nonostante il campionato più competitivo del mondo, con la nazionale non vincono mai.
«Incredibile. Non sono uno stregone, non so dire cosa sia successo, ma secondo me si è parlato troppo del ct. Alla fine in campo vanno i giocatori».
Stessa cosa per quanto riguarda l'Italia?
«L'Italia è un paese con la memoria corta, sono certo che ci rimetteremo in carreggiata».
Tra Premier e Serie A sembra esserci un abisso.
«Manco dall'Italia da 9 anni, non mi sembra ci sia questo divario. O meglio: c'è ma non come dite voi».
Il presidente della Federazione inglese è il principe William: lei lo ha mai incontrato? O, se non lui, la Regina Elisabetta?
«Non sono tipo da occasioni mondane, purtroppo non ho mai avuto questo onore».
Un'ultima cosa: Angelo Ogbonna, 36 anni, difensore, sta bene se...
«Se può giocare a calcio e stare con la sua famiglia».
Non sarà un grande fan di Peter Pan, ma i suoi pensieri felici sono questi. E lo rendono sicuramente giovane.