L'Inghilterra cosa ha rappresentato?
«Casa. A Londra sono nati i miei due figli. Viviamo a Battersea, un quartiere con tanto verde. Mia moglie ed io l'abbiamo scelto per questo, i bambini possono stare molto all'aria aperta e fare sport. Per noi è importante».
Il razzismo c'è ancora?
«C'è nel momento in cui ne parliamo, magari anche questa domanda lo è. Più parole e meno fatti, anche se mi sembra che si stia agendo e le cose stiano iniziando a cambiare».
I suoi piccoli, un bambino e una bambina, hanno quattro e sette anni: amano il calcio?
«Il maschio sì, gli piace».
Pochi giorni fa Spinazzola ha detto che per suo figlio è scarso, che preferisce altri campioni.
Ride a lungo. «Penso che il mio, di bambino, un po' mi veda come il suo idolo. Ma anche lui mi dice più o meno le stesse cose».
Alla sua famiglia dispiace lasciare Londra?
«Dispiace a tutti, ma siamo abituati a muoverci. Non conta dove si è, ma con chi».
Quasi dieci anni in Premier non sono da tutti: pensa di essere stato sottovalutato?
«Non sta a me dirlo. Io so che ho lavorato duro, non è stato facile ambientarmi, diventare un difensore così veloce come richiede il campionato inglese. Ma poi ce l'ho fatta e penso di aver avuto, a parte l'ultimo infortunio di due anni fa, la mia continuità».
Le faccio due nomi: Tonali e Calafiori.
«Sandro non lo conosco, non l'ho sentito, ma gli auguro di tornare presto in campo. Per me è fondamentale avere accanto persone che ti aiutino e penso che nel suo caso sia così. Purtroppo oggi i social media e gli smartphone amplificano tutto e rendono più difficile non cadere in certe stupidaggini. Per questo sto molto attento anche con i figli. Calafiori, invece, deve solo pensare a giocare come sa e essere se stesso. Sarà l'unico modo per non sentire la pressione del costo del suo cartellino».
E lei l'avverte la pressione?
«Prima forse un po', ma ho sempre pensato a lavorare e basta. Non è che mi serva granché per stare bene, mi basta la mia famiglia».
Magari la sentono gli inglesi che, nonostante il campionato più competitivo del mondo, con la nazionale non vincono mai.
«Incredibile. Non sono uno stregone, non so dire cosa sia successo, ma secondo me si è parlato troppo del ct. Alla fine in campo vanno i giocatori».
Stessa cosa per quanto riguarda l'Italia?
«L'Italia è un paese con la memoria corta, sono certo che ci rimetteremo in carreggiata».
Tra Premier e Serie A sembra esserci un abisso.
«Manco dall'Italia da 9 anni, non mi sembra ci sia questo divario. O meglio: c'è ma non come dite voi».
Il presidente della Federazione inglese è il principe William: lei lo ha mai incontrato? O, se non lui, la Regina Elisabetta?
«Non sono tipo da occasioni mondane, purtroppo non ho mai avuto questo onore».
Un'ultima cosa: Angelo Ogbonna, 36 anni, difensore, sta bene se...
«Se può giocare a calcio e stare con la sua famiglia».
Non sarà un grande fan di Peter Pan, ma i suoi pensieri felici sono questi. E lo rendono sicuramente giovane.