Quando la guardi ci vedi il sole. Ekaterina Kate Antropova non la smette mai di ridere, e figuratevi ieri, con quel pezzo di carta in mano, quei documenti che le hanno cambiato la vita. È stata lunga, ma ne è valsa la pena. «Era stato un periodo veramente molto duro, difficile dal punto di vista mentale. Ma in qualche modo lo abbiamo gestito. L’attesa non ha influenzato il mio lavoro. Per la maggior parte del tempo volevo dimostrare il giocatore che sono, conoscere il gruppo, integrarmi bene. Concentrarmi sulle cose giuste». È nata in Islanda, è venuta su in Russia, ma da ieri il cuore caldo dell’azzurro batte dentro di lei. Formalità, dicono. In fondo Kate l’Italia ce l’ha ormai dentro. «Giocare con questa maglia è un’emozione indescrivibile». Sicura sul campo, tanto che le prime amichevoli parlano per lei. «È stato un assaggio», dice. Ma l’hanno vista con la mano incerta sugli ultimi documenti, quelli che mancavano per ufficializzare questa benedetta cittadinanza. Chi stava con lei un po’ piangeva e un po’ rideva, come sempre quando l’emozione non sai dove ti porta. Forse Kate l’ha portata il vento. Anzi, l’uragano della sua pallavolo. E ormai le incertezze sono state spazzate via: anche Antropova sarà una delle armi del c.t. Mazzanti per l’Europeo che sta per cominciare.
Antropova, perché l’Italia?
«Ha contribuito alla mia crescita sportiva, mi ha formato come giocatrice di pallavolo, come persona, come tutto. I miei sacrifici, gli obiettivi raggiunti in questi anni e i trofei conquistati sono stati merito di chi mi ha fatto crescere. Merito di tutti quelli che mi sono stati dietro. Porto con orgoglio questa maglia».
C’è stata una contesa tra Russia e Italia a un certo punto?
«No».
E un momento in cui ha avuto paura di non chiudere l’iter?
«No, non ho dedicato molto tempo a questo aspetto, alla paura. Ho lavorato molto, ho solo cercato di fare le cose che dipendevano da me. Tutto qui. Non ho mai avuto momenti di sconforto».
In Italia la stavano aspettando tutti a braccia aperte.
«Ovunque vai ci sono persone con le braccia aperte pronte a raccoglierti, a darti consigli, e questa è la cosa che più mi piace. Anzi, mi piace tantissimo. Le persone sanno cosa dirti e hanno voglia di dirtelo, questo è bello. Devi registrare tutto mentalmente, ma sono sempre pronta a farlo».
Festeggerà questo nuovo inizio?
«Sicuramente farò qualcosa, ma non ho ancora deciso cosa. E poi adesso voglio concentrarmi su quello che mi aspetta».
Ci è voluto anche coraggio?
«Credo molto in quello che ho fatto. E un grazie lo devo dire alla mia famiglia. Non solo: devo dire grazie alle persone che ho incontrato lungo il mio percorso. Che mi hanno dato una mano, un consiglio».
Sua madre?
«Lei mi ha aiutato tantissimo. Per me è un punto d’appoggio, mi aiuta, è un punto in più a mio favore. Questa cosa si vede in campo. Il carattere, quelle cose lì le ho prese da lei. Lei c’è sempre stata».
Poi a chi deve dire grazie?
«Anche al mio patrigno. Una figura importantissima, che mi ha dato una grande mano. Sono veramente orgogliosa della famiglia che ho».
E Lubian?
«Siamo amiche, abbiamo giocato un anno a Scandicci, e da lì è iniziata la nostra amicizia. E poi ce l’ho come compagna di stanza, mi aiuta molto, parliamo...».
Con Pietrini, poi, ha giocato quest’anno.
«Dentro la squadra ci sono ragazze che ho incontrato molte volte, ovviamente ci siamo affrontate in campionato. Ma in generale ci conosciamo tutte. Quindi per me è stato facile integrarmi nel gruppo».
Com’è stato indossare l’azzurro in queste prime amichevoli?
«Mi sono divertita molto, ma spero di divertirmi ancora di più nelle gare ufficiali. Sappiamo quello che ci aspetta, e io onestamente non vedo l’ora».
Verona, esordio Europeo. Come se lo immagina?
«Non sarà facile. Partita all’aperto, tante variabili. Però sono felice perché riuscirò a partecipare a questa cosa unica, che è un’emozione fortissima che va ad aggiungersi alla maglia della nazionale».
Il c.t. Mazzanti cosa le ha detto?
«Il coach è stato sempre disponibile con me, io sono una a cui piace chiedere, chiedere, chiedere. I dettagli, gli aspetti. Mi piace apprendere le cose oppure rivedere gli errori degli allenamenti. Mi sto divertendo molto anche in palestra».
Le ha detto che giocherà con la Egonu?
«Io faccio quello che serve alla squadra. Se serve faccio pure il libero, il palleggiatore, l’opposto. Faccio tutto». (e ride)
Cosa rappresentano per lei Italia e Russia?
«Il mio percorso di crescita, la mia personalità e quello che do fuori e dentro il campo. Sono un insieme di tutto questo».
Come vive la guerra, quello che sta accadendo?
«È una situazione difficile per tutti. E poi, personalmente, in famiglia ho anche i nonni da parte di papà che non stanno in Italia. E quindi non è semplice. C’è sempre preoccupazione».
Lei cosa sogna?
«Il sogno che ho da sempre è non avere rimpianti. E poi riuscire ad arrivare in alto, anche questo fa parte dei sogni».
Pensa in italiano o in russo?
«In italiano».
E quando si arrabbia durante le partite?
«Sempre in italiano perché è più espressivo».
Cosa si aspetta da questo Europeo?
«Una squadra unita e carica. Lavoriamo bene, il gruppo è compatto, siamo amiche, non ci risparmiamo. Diamo molto ogni giorno in allenamento, in palestra. Secondo me possiamo raggiungere grandi risultati. Il gruppo e tutte le persone che stanno attorno al progetto, tutti abbiamo voglia di lavorare».
E personalmente?
«Contribuire, dare qualcosa in più, essere un valore aggiunto. Dimostrare che questa scelta che ho fatto è stata motivata, una scelta che mi rende felice».
Che cos’è per lei la felicità?
«È poter rappresentare al meglio la maglietta che ho indossato in queste amichevoli. Non solamente il cognome, anche la nazione intera».