ROMA - Lo Zar è un condottiero. Uno di quei giocatori che si nutre di battaglie sportive, capace di trasformare la tensione elettrica in energia pura. Dove altri fanno un passo indietro, Ivan Zaytsev avanza a testa alta. Le notti da dentro o fuori sono il palcoscenico ideale suo e della Lube Civitanova, che ancora una volta sembrava spacciata e ha ribaltato - come nel 2022, l’anno del tricolore - un turno dei playoff , mettendosi nella condizione di essere nuovamente favorita per lo scudetto.
Zaytsev, è tornata la Lube che conosciamo. Sotto 2-0 nella serie, avete ribaltato Verona.
«Mamma mia, è stata una battaglia. Ci abbiamo messo un bel po’ per svegliarci e per trovare i ritmi giusti. Ci sono comunque tante responsabilità nostre per essere arrivati a gara 5. Meglio tardi che mai».
La Lube non muore mai.
«Mai. Siamo stati bravi a vincere dei set delicati, a trovare gli equilibri di gioco al momento giusto. Abbiamo dimostrato di avere ancora fame».
Come si impara a essere bravi nei momenti che contano?
«A volta ci nasci, altre volte trovi una società come la Lube che ce l’ha nel Dna. Noi siamo bravi ad “allenare” questa mentalità nello spogliatoio. Anche se questa cosa, per certi versi, mi fa arrabbiare ancora di più».
Perche?
«Perché non mi va giù l’eliminazione in Champions contro Ankara al golden set. È come perdere ai rigori, ti brucia».
Oggi iniziano le semifinali scudetto e all’Eurosuole Forum arriva Milano, non proprio l’ospite che aspettavate…
«Onestamente faccio fatica ancora a crederci».
Sperava nel derby del cuore con la “sua” Perugia?
«Probabilmente sarebbe stato peggio incontrare la Sir e questo lo pensano tutti, però dobbiamo restare svegli. Se la semifi nale è Civitanova-Milano e non Civitanova-Perugia c’è un motivo. Altro che culo…».
Parliamo di Milano.
«Milano gioca bene, è organizzata, ha giocatori con carisma, con un allenatore che sa motivare i suoi ragazzi. Hanno il giusto mix di tecnica e ignoranza e adesso non hanno niente da perdere. Nessuno si aspettava potesse battere 3 volte Perugia, arrivata a questi playoff da imbattuta. Questo è certo».
Lei è nato a Spoleto, a Perugia nel 2018 ha vinto l’unico scudetto nella storia del club. Come si spiega questo crollo?
«Nella pallavolo ci vuole un attimo a cancellare tutto. Velasco a Modena ce lo diceva sempre: i playoff sono l’unica cosa che conta. È importante come li giochi, ma anche come ci arrivi. Perugia forse ci è arrivata scarica».
Dicono che lei è uno da partite decisive. Condivide?
«Di sicuro mi nutro di quella sana tensione che non ti fa dormire la notte prima di una gara come quella con Milano. Addosso ho una carica incredibile».
Sembra tornato lo Zar dei tempi belli, a 34 anni. Un voto alla sua stagione?
«È iniziata un po’ storta, però mi sono fatto il mazzo. Per il voto non saprei, diciamo “rimandato al prossimo esame”».
E l’intesa con De Cecco?
«Luciano va gestito. Ha quelle manine lì che sono uno spettacolo… nel momento in cui gli diamo la possibilità di esprimere il suo genio diventa molto molto divertente giocare con lui».
Dall’altra parte del tabellone c’è Trento-Piacenza. Pensieri?
«Piacenza ha speso tante energie mentali, era sotto 2-0 in gara 5 e ha rimontato in un Pala Panini infuocato. Forse per gara 1 è avvantaggiata Trento, poi non saprei. I ragazzi di Piacenza sono dei guerrieri».
“Le porte della Nazionale sono aperte a tutti, anche per Ivan” ha detto il ct De Giorgi, che l’ha esclusa dall’ultimo Mondiale.
«Fefè l’ha sempre detta quella frase, lo ripete da tanto tempo. È una cosa a cui non sto pensando adesso. Se poi dovesse arrivare una chiamata sarò pronto a rispondere al telefono». “
Tutti mi hanno fatto il funerale, ma non è un addio”. Sono parole sue.
«Certo, ho sempre combattuto nella vita e per la maglia della Nazionale continuo volentieri Ho dovuto combattere per ottenere la cittadinanza italiana, ho dovuto persino lottare più di altri per dimostrare di essere italiano. Eppure la mia vita è così, per indole non mollo mai. Sono duro a morire».
Molti però la considerano ancora il simbolo della pallavolo italiana.
«Significa che attraverso le mie gesta sportive ho saputo trasmettere qualcosa. Noi giocatori siamo come attori a teatro. Se uno fa una performance che nessuno ricorda, vuol dire che la performance non era un granché. Viceversa, hai fatto centro».
E su di lei si raccontano ancora storie su quella battuta a 134 km all’ora...
«La gente mi vuole bene, ho tifosi in tutta Italia e vorrei regalare a questa mia grande famiglia pallavolistica altre emozioni, altre storie da raccontare».
I suoi figli giocano? «Mio figlio Sasha gioca nell’U12-U13 della Lube. Le ragazze sono piccoline. Sienna ha 5 anni e anche lei ha cominciato a fare un po’ di attività. Per noi è un discorso delicato, mio papà è stata una fi gura ingombrante per quanto ha vinto. So cosa signifi ca sentire la pressione e vorrei che i miei fi gli non la subissero. Comunque il volley fa parte del nostro Dna, è inevitabile».
Nonostante le origini russe, lei ha espresso posizioni nette contro la guerra. Ed è stato travolto dagli insulti. Si è mai pentito?
«Assolutamente no, lo rifarei cento volte. Noi sportivi abbiamo una responsabilità in più quando parliamo, ma rimaniamo sempre dei cittadini italiani con lo stesso diritto di poterci esprimere. Ho imparato a convivere con le critiche, ma gli insulti li lascio stare».
Chiudiamo con un sorriso: al programma “Le Iene” le hanno fatto provare i dolori delle mestruazioni. Come è andata?
«Mia moglie Ashling si diletta nel tempo libero a incastrarmi con queste cose. Diciamo che mi ha fatto provare le giornatacce che passa lei. È stato terribile, una roba che non auguro neppure al mio peggior nemico».