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La semplicità è sempre stata una sua dote. A 43 anni Samuele Papi è ancora decisivo in SuperLega, non raccogliendo palloni nelle retrovie con la maglia diversa del libero, ma attaccando da schiacciatore come fa da ventisette campionati. Chi nutriva dubbi può godersi la sua diagonale da posto 4 con cui ha firmato la vittoria della LPR Piacenza domenica sul Verona. Un gioiello di gran classe ed efficacia.
Liquida il traguardo degli 8500 punti in campionato con una battuta («Ho giocato almeno 200 partite più degli altri...») ma fermarsi a ciò che raccontano i numeri non rende l’idea di cosa sia stato e sia Samuele Papi per la pallavolo. Al di là dei 32 successi con i suoi club (con 6 scudetti e 3 Champions League), delle quattro medaglie olimpiche (due argenti e due bronzi), dei due titoli mondiali, dei tre ori europei e della World Cup, Papi è stato alla fine il più longevo dei campioni, di quella generazione di fenomeni che lo accolse giovanissimo dopo il primo boom.
“O Fenomeno”, così lo appellò chi mangiava pane a volley dalla mattina alla sera, sta ancora tenendo fede al soprannome che ha accompagnato la sua lunghissima carriera, fin da quando debuttò a soli 17 anni, in quella Falconara che era la culla marchigiana del nostro volley prima del boom, dei mega ingaggi, delle grandi vittorie.
Samuele Papi, ovvero l’uomo che, per ora, si è ritirato già due volte. Da tre stagioni quando arriva la primavera, Samu dice che smette. Ma poi quando il Piacenza, l’ultima sua terra promessa, gli ha messo sotto il naso il contratto per un’ulteriore stagione, ogni volta non ha saputo dire di no. «Credevo di togliere il disturbo e fare un favore per non mettere in imbarazzo nessuno, invece la società mi ha ancora voluto, come quando conclusi la mia avventura alla Sisley Treviso».
Il presidente Molinaroli non sembra tipo da regali facili, e domenica al PalaBanca si è capito che il vero favore l’ha fatto Samuele, accettando di giocare ancora.
«Fino a che mi diverto a fare la borsa per andare all’allenamento, non mi peserà continuare a giocare». Ecco la chiave, il divertimento, la passione per uno sport che è diventato il suo lavoro, la sua vita. E non poteva esserci vincitore più degno del premio che la Lega Pallavolo ha istituito per ricordare Adelio Pistelli, firma anche del Corriere dello Sport-Stadio e prematuramente scomparso, appunto intitolato “Passione per il volley”.
Come molti super campioni di altri sport, Samuele Papi ha saputo meritare il rispetto e la stima delle tifoserie avversarie e dei rivali che ha affrontato e spesso, molto spesso battuto. La stagione scorsa gli era rimasta un po’ sul gozzo. Non era certo abituato a giocare nella squadra che chiude ultima il campionato. Ma la vittoria mozzafiato di domenica è stata un colpo di spugna. E l’omaggio più gradito glielo ha fatto l’ex compagno di tante battaglie azzurre, Andrea Giani, ora allenatore della Calzedonia Verona: «E’ stata determinante la qualità tecnica di Samuele, dote questa che è sempre determinante ad alto livello»
E se sulla P di Piacenza, alla luce dell’età di molti suoi atleti, si è ironizzato parlando di squadra di pensionati (oltre a Papi, Zlatanov, Marshall, Manià e Tencati, tutti classe anni’70) partite come quella di domenica spiegano e ricordano perchè nella pallavolo c’è ancora posto e spazio per l’esperienza. E questo anche perchè i ricambi non sono abbondanti e non è che i giovani talenti spuntino come funghi dopo una giornata di pioggia. Con l’avvento del libero e del Rally Point System le carriere si sono allungate, la differenza la fa la mentalità, perchè i medici assicurano che se ben allenato, il fisico regge, e a 40 anni il tono muscolare può non essere molto diverso da quando se ne avevano la metà»
Samuele non si nega l’ironia parlando di se stesso come il nonno della SuperLega, rimasto il meno giovane da quando ha smesso (a 42 anni) Goran Vujevic. Ha superato anche Fefè De Giorgi, che si ritirò a 41 anni giocando i Mondiali in Argentina con la maglia azzurra (e con Papi, naturalmente). Non ha abbandonato il duello un altro fuoriclasse, il russo Sergei Tetioukhin, che a Rio 2016 ha giocato l’Olimpiade avendo 41 anni (ma c'è chi dice che ne abbia anche di più...).