Sky Buffa Racconta: Enzo Bearzot

Due nuove puntate dedicate all’ex ct della Nazionale campione del mondo '82
Sky Buffa Racconta: Enzo Bearzot
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A quarant’anni dal trionfo dell’Italia al Mundial di Spagna ’82, Sky dedica un nuovo racconto di Federico Buffa all’ex CT della Nazionale campione del mondo, Enzo Bearzot, il “Vecio”, protagonista di quell’indimenticabile successo. La produzione originale Sky Sport, in due episodi, è stata realizzata all’Archivio Storico dell’Ospedale Maggiore Policlinico, a Milano, città d’elezione di Bearzot, e in alcuni dei suoi luoghi: Aiello del Friuli (Joannis), Visco, Gradisca d’Isonzo, Gorizia, Milano, Torino e al Museo del Calcio di Coverciano. Il primo appuntamento andrà in onda da domani alle 18.25 su Sky Sport Uno e in streaming su NOW; venerdì prossimo 27 maggio, il secondo, dalle 19 sempre su Sky Sport Uno e in streaming su NOW. Entrambi gli episodi saranno visibili a luglio, in occasione del quarantennale della vittoria azzurra, anche su Sky Documentaries, e sono disponibili on demand su Sky Q alla sezione #SkyBuffaRacconta.

Del trionfo del 1982 si è scritto, detto e letto quasi tutto. Un po’ meno del suo principale artefice e ideatore Enzo Bearzot, nato a Joannis, un tempo Comune, oggi frazione di Aiello del Friuli. Friulano di origine, ma milanese d’adozione, italiano atipico, come spesso sono gli italiani di frontiera, amante della letteratura e dei classici, Bearzot era un uomo colto ma soprattutto curioso, con una vera vocazione per il racconto: per lui il calcio non era solo un gioco ma una scuola di vita da cui trarre insegnamenti più profondi. La famiglia avrebbe voluto per lui studi classici e una carriera da medico o in banca, ma la scintilla per il gioco scoppiò presto, probabilmente la sera del 19 giugno 1938, quando dagli altoparlanti della piazza di Gradisca d’Isonzo aveva ascoltato la radiocronaca di Nicolò Carosio e insieme a migliaia di concittadini aveva festeggiato la vittoria dell’Italia di Vittorio Pozzo, campione del mondo per la seconda volta nella storia, grazie ai gol di Piola e dell’ala sinistra della Nazionale Gino Colaussi, beniamino locale, per tutti Ginüt. Inizia probabilmente quella sera, da quella piazza, il sogno del giovane Bearzot di fare del calcio una professione. Le sue qualità fisiche e la preparazione sportiva ricevuta nel collegio di Gorizia in cui frequentava il liceo classico, fecero il resto.

Da calciatore vestì le maglie dell’Aiello, del Gorizia, dell’Inter, con cui esordirà in serie A nel 1948, del Catania, dove fu tra i protagonisti della storica promozione in Serie A, e del Torino. A Milano arrivò nel 1948, appena ventunenne. Si innamorò subito della città, tanto da scegliere dopo pochi anni, di costruire lì la sua vita extra calcistica, insieme a Luisa, sua moglie, conosciuta sul tram numero 3. A Milano ebbe la possibilità di giocare al fianco del suo idolo d’Infanzia, Campatelli, a lui sono legati alcuni degli aneddoti di quel primo periodo interista, cui ne seguì un secondo. Con la maglia dell’Inter, nella seconda partita disputata, affrontò pure Silvio Piola, il giocatore che, con Colaussi, nel 1938 aveva regalato all’Italia il suo secondo titolo mondiale. Fu però ceduto al Catania, dove si trasferì per due anni. La squadra disputò due ottimi campionati in serie B, sfiorando la promozione in serie A al primo tentativo, per poi conquistarla la stagione successiva, nel 1953-54, quando per la prima volta, provò la gioia di vedere una città in festa per un trionfo conquistato grazie a lui. Quell’esperienza lo rafforzò dal punto di vista tecnico e di maturità, ma dal punto di vista umano fu il successivo anno a Torino a cambiarlo profondamente.

Se l’Inter era stata la squadra per cui aveva tifato da bambino, il Torino diventò presto la sua squadra da tutti i punti di vista. Aveva avvertito fin da subito la responsabilità di parteciparne alla ricostruzione. Non aveva mai potuto dimenticare, quando il 30 aprile 1949 aveva assistito in tribuna, a pochi metri da Mazzola, infortunato, all’ultima partita in Italia del Grande Torino: un pareggio 0-0 a San Siro, contro la sua Inter. Tre giorni più tardi, quando la notizia della tragedia lo aveva raggiunto nella sede di via Olmetto a Milano, dove viveva, era scoppiato a piangere, e raggiungere Torino in pullman per partecipare al funerale, fu uno strazio che a lungo gli evocò brividi che non poteva controllare.

Il Toro rimase per sempre la squadra del suo cuore e il Filadelfia un tempio da onorare. Toccò a lui segnare l’ultimo gol di un giocatore granata in una partita di campionato in quello stadio: Torino-Napoli 1-1 del 15 maggio 1963. La Stampa dell’epoca, scrisse che sembrava che quel tempio del calcio avesse voluto rendere un tributo al suo grande capitano friulano. Per questo, proprio al Filadelfia, oggi tornato ad essere casa del Torino FC, sono state girate molte delle immagini contenute nel primo episodio. Bearzot giocò con il Torino fino a 37 anni, disputando 9 campionati. La più grande gioia in campo fu per lui il derby vinto nel ’59, con la maglia Talmone, contro la grande Juve Campione d'Italia di Sivori, Boniperti e Charles. La più grande delusione fu la retrocessione in Serie B quello stesso anno.

Ricorda Gigi Garanzini, grande amico di Enzo, nonché suo biografo e autore del magnifico libro: "Il romanzo del Vecio” (Baldini Castoldi Dalai): «Se volevate fare contento Enzo ai suoi 70-80 anni, potevate dirgli: “Grazie Enzo, lei è l'uomo che ci ha portato in cima al mondo!” Vi avrebbe ringraziato e avrebbe posato con voi anche per una foto, se richiesta in modo educato.  Ma se aveste voluto vederlo commuoversi, allora avreste dovuto dirgli, e qualcuno lo ha fatto: "Lei è Enzo Bearzot, il primo grande capitano del Torino dopo Valentino Mazzola!”. A quel punto ve lo eravate conquistato».

La sua vita sportiva cambiò completamente nel 1964, quando a Torino arrivò Nereo Rocco, fresco vincitore con il Milan della prima Coppa dei Campioni conquistata da una squadra italiana. Fu Rocco a convincere Bearzot a iniziare ad allenare le giovanili della De Martino con il suo vice, Bergamasco. Quel periodo fu determinante per la carriera del Vecio, perché il Paròn gli insegnò come dirigere il gruppo, come crearlo e come gestire i calciatori dal punto di vista dell'età. Fu Rocco a convincere Bearzot ad iscriversi al corso del Centro Tecnico di Coverciano, dando così il via alla sua carriera da allenatore, culminata poi nel titolo mondiale del 1982. Se è vero che la vita è l'arte di creare relazioni inossidabili nel tempo su cui si possa sempre fare affidamento, il trionfo spagnolo dell'82, scritto e ideato da Enzo Bearzot e magnificamente interpretato da 22 semi-irripetibili attori, probabilmente deve moltissimo a quell’incontro sul campo del Torino, lo stesso da cui 44 anni prima era partito il sogno mondiale dell’altro indimenticabile CT campione del mondo, Vittorio Pozzo. Un tempio che non ha mai smesso di consacrare i suoi eroi.

Da calciatore prima e da allenatore poi, Enzo Bearzot ha affrontato tutti i più grandi giocatori della storia del calcio del secolo passato. Da tutti quelli che lo hanno conosciuto, ancora oggi è ricordato come un uomo fermo e deciso, retto e incorruttibile, libero e fiero sostenitore delle sue opinioni, totalmente noncurante dei compromessi. Noto a tutti come il Vecio sin da quando vecchio ancora non lo era, è diventato presto il patriarca del calcio italiano, talmente affascinato dal mondo antico, da arrivare ad assumerne i contorni dell'eroe classico. Si è sempre comportato in questa maniera, al di là di quelle che furono le sfrenatezze e le libidini di un certo giornalismo italiano, scritto, parlato e tele-narrato, più pronto a imbastire processi che a valutare i protagonisti in base a fatti e operato.

Ad Aiello del Friuli, comune natale di Bearzot, alcuni abitanti hanno pensato di provare a governare il tempo e custodire il ricordo di quell’impresa memorabile compiuta quarant’anni fa da un loro concittadino, costruendo un monumento gnomonico a 32 facce su cui sono state incise 15 meridiane con i nomi dei giocatori campioni del mondo nel 1982. Quando la luce del sole illumina questa enorme e complessa meridiana, si possono consultare contemporaneamente nei vari periodi dell’anno, da cinque a otto meridiane “operative” che segnano tutte insieme l’ora solare del Paese. Un tentativo di fissare per sempre nel tempo l’istante indimenticabile della vittoria di Spagna orchestrata dal loro ex concittadino.

Siccome però è il tempo a misurare gli uomini, la lettera che Bearzot scrisse ad un amico di famiglia nel 2009, conservata ancora oggi dal concittadino, fissa più di qualsiasi altra opera il valore di quest’uomo. Chi ha avuto il privilegio di stargli vicino fino all’ultimo ponte della sua esistenza, sa quanto quest’uomo nella sua vita non abbia mai avuto il timore di niente, né di sostenere posizioni estreme e tanto meno della morte. 

Di una cosa intimamente aveva sempre avuto paura, unica concessione all’irrazionalità: i fulmini durante i temporali. Li rifuggiva sin da quando, bambino, ne aveva visto cadere uno non distante da lui. Ma allora, se davvero esiste una dimensione all’interno della quale si misura il compiersi degli eventi, come poteva quell’uomo, che tra mille tempeste aveva affrontato a testa alta mezzo secolo di calcio azzurro, da Silvio Piola a Marco Tardelli, custodire in cuor suo una simile fobia e celarla come aveva fatto Achille con il suo tallone? Il tempo è spesso puntuale nel farci comprendere molte cose in ritardo.

#SkyBuffaRacconta Enzo Bearzot, una produzione originale Sky Sport, in due episodi dedicato al patriarca del calcio italiano. Da Piola a Tardelli, mezzo secolo di calcio azzurro.

Ep. 1 – dal 20 maggio alle 18.25 su Sky Sport Uno

Ep. 2 – dal 27 maggio alle 19.00 su Sky Sport Uno

Entrambi gli episodi saranno visibili a luglio anche su Sky Documentaries. Disponibili in streaming su NOW e on demand su Sky Q alla sezione #SkyBuffaRacconta


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