Fritz e il sogno di un popolo: ecco perché Sinner fa paura agli americani

L’ultimo statunitense a vincere a New York è stato Roddick nel 2003. Jannik fa paura agli Stati Uniti che inseguono il titolo da 21 anni
Fritz e il sogno di un popolo: ecco perché Sinner fa paura agli americani© EPA
Marco Di Nardo
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Un giovane tennista del Nebraska scoppia in lacrime, il pubblico dell’Arthur Ashe Stadium è in estasi e il tennis statunitense sente di avere tra le mani l’uomo dei quindici anni successivi. È il 7 settembre del 2003 e Andy Roddick, superando Juan Carlos Ferrero agli US Open, conquista «il suo primo, ma non certamente l’ultimo, torneo del Grande Slam». E se lo dice Rino Tommasi, c’è da credergli. Ma quel sogno iniziato nel 2003 diventa ben presto un incubo, perché a distanza di oltre vent’anni gli Stati Uniti sono ancora in attesa del successivo trionfo Slam nel singolare maschile. Ora, però, può provarci Taylor Fritz. Forse il meno atteso di tutti, ma il più concreto. Il californiano affronterà Jannik Sinner nella finale degli US Open 2024, sperando di interrompere il lungo digiuno americano. 

A fari spenti: la carriera di Fritz

Nato a Rancho Santa Fe, in California, e cresciuto in una famiglia di tennisti (mamma Kathy May è stata top 10 WTA), Taylor è esploso a livello Junior, vincendo gli US Open under 18 nel 2015, ma negli anni successivi ha faticato a costruirsi una fama da vincente. Il suo tennis essenziale, basato sull’accoppiata servizio-dritto, e la tendenza a essere piuttosto tranquillo dentro e fuori dal campo, lo hanno sempre relegato al ruolo di comprimario nonostante il primo posto in classifica tra gli americani detenuto dal 2021. Troppo poco appariscente per essere considerato un vero trascinatore. Una sorta di versione meno vincente di Pete Sampras, con il quale Taylor condivide anche il coach Paul Annacone (dal 2018), a cui ha poi aggiunto la figura di Michael Russell, che lo sta seguendo anche a New York.  

Il salto di qualità di Fritz

Fino a quasi tutto il 2023, gli Slam erano stati un incubo per Taylor Fritz. Al suo primo quarto di finale della carriera, a Wimbledon 2022, il californiano era stato bloccato dalla tensione e non aveva sfruttato la chance contro un Rafael Nadal condizionato da evidenti problemi fisici: Fritz aveva vinto più game, ma la partita l’aveva conquistata lo spagnolo. Proprio come era successo a Andy Roddick nella finale dei Championships del 2009 (l’ultima in assoluto per uno statunitense negli Slam) contro Roger Federer. L’unico problema era capire come riuscire a gestire la pressione, che soprattutto a New York si faceva sentire sempre di più con il passare degli anni. La nuova versione di Fritz è quella che non fallisce più nelle grandi occasioni. Dopo il quarto di finale di Flushing Meadows del 2023, Taylor nel 2024 ha raggiunto almeno gli ottavi di finale in tutti e quattro gli Slam e alle Olimpiadi nello stesso anno, impresa che non era mai riuscita a un americano. «Stavolta ho evitato quella tensione delle occasioni precedenti. Non mi accontento più di un quarto di finale e allo stesso tempo mi trovo a mio agio giocando questi match».  
L’ultimo cambio di passo dello statunitense è arrivato grazie a un atteggiamento diverso. In questi US Open è stato quasi perfetto e ha messo in mostra il suo miglior tennis di sempre: la sfida dei quarti contro il numero 4 Alexander Zverev non lo ha spaventato, e nel derby a stelle e strisce in semifinale contro Tiafoe è emerso nelle fasi decisive. I diciotto anni anni di attesa per un’altra finale a New York sono finiti, e i ventuno per un altro titolo dello Slam non fanno più paura. Jannik Sinner è avvisato. 

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