Non mi sono emozionato, non stavolta. Credo che sia il più bel complimento che si possa rivolgere al Vincitore, sottolineandone la serialità. Il successo di Sinner su Taylor Fritz è sembrato scontato fin dagli scambi iniziali: impressionante la sua superiorità sul quinto del mondo, e quegli ace riusciti sempre al momento giusto, poi... Al primo break, tutto verosimilmente risolto. Ho anche avuto la sensazione che Panatta abbia faticato il minimo per commentare l’ultimo atto delle Finals: rare le accensioni, le alterazioni della voce. Routine, piacevolissima routine.
Del resto non è semplice emozionarsi dopo 70 vittorie su 76 e 8 titoli nel circuito maggiore (in un solo, indimenticabile anno) tra i quali due Slam, le Finals e tre Masters 1000. In tutto il torneo di Torino Jannik non ha peraltro lasciato un solo set agli avversari: Ruud l’ha liquidato in semifinale in 69 minuti, a Fritz ha concesso qualche minuto in più di agonia.
Mi sa che questo straordinario fuoriclasse ci stia trasferendo la sua mentalità, la sua - solo apparente? - freddezza.
Nei giorni scorsi c’è chi ha provato a spiegare perché gli italiani vanno matti per lui.
Ho letto ad esempio l’intervento di Carlo Antonelli: “Dietro l’adorazione mondiale ma specificamente nostrana per la figura di Jannik Sinner” scrive l’ex direttore di Rolling Stone e Vanity Fair, “si nasconde come sempre l’immensa infinita plurimillenaria delega dell’italiano/a per l’Uomo Forte. Deleghiamo a questo ragazzo roscio tutt’altro che delicato la nostra capacità di vincere, di operare con attenzione maniacale, di sgobbare”. “Sinner”, prosegue “ci sostituisce nella nostra inedia, pigrizia, dismissione dall’agire nel contesto pubblico. Ci sostituisce nella disciplina di noi stessi, che lasciamo a lui. Persino nella capacità di far denaro, che nel suo caso è strabordante. Inimmaginabile rispetto all’impeccabile stile malva (tutto Nike, ma fin qui...) che ricorda le sue origini montane e insieme una sala operatoria con attrezzature di nuova generazione.
Sinner taglia teste con la racchetta come un killer senza cuore. Uccide per noi. Non ha tatuaggi, non ha mascella, non fa la spaccata: è il contrario del maschio medio trionfante esteticamente negli ultimi 25 anni, ovvero noi (inutile fare differenze)”.
Una singolare supercazzola che meritava la giusta attenzione poiché Antonelli non è un giornalista qualsiasi.
Milioni di italiani non si riconoscono tuttavia nelle sue parole: vivono il fenomeno con una naturalezza e un orgoglio che non prevedono interpretazioni, letture, neppure le più sofisticate.
Amano, amiamo Sinner perché vincere ci piace, non perché si sostituisce a noi, ai nostri difetti, cancellandoli. Non gli attribuiamo deleghe. E perché, mentre alza l’ennesimo trofeo, esplodiamo in un «there’s no tripe for the cats, non c’è trippa per gatti». In inglese, così arrivi a tutti.
PS. Non posso non fare i complimenti a Angelo Binaghi, il presidente della federtennis. Gli sta riuscendo tutto: lui è capace anche perché pensa di esserlo, è sicuro di esserlo.