Vagnozzi esclusivo: "Sinner, il caso doping e la forza mentale: tutta la verità"

Parla il coach che, assieme a Cahill, ha portato Jannik in vetta alla classifica Atp e a vincere due Slam
Alessandro Nizegorodcew 
10 min

«La vittoria in Australia è stata una bomba esplosiva. Si trattava del primo Slam, per di più recuperando due set di svantaggio. A New York abbiamo vissuto un senso di liberazione a causa di tutto ciò che era accaduto». Simone Vagnozzi racconta così i due storici successi del suo allievo Jannik Sinner, che negli Stati Uniti ha messo in mostra una forza mentale eccezionale. «In quei mesi complicati abbiamo cercato di fare la nostra parte, parlando il meno possibile con Jannik della vicenda doping se non per il minimo indispensabile. L’obiettivo era concentrarci sul lavoro. Noi abbiamo fatto il nostro, ma il grande merito è stato di Jannik perché alla fine ad andare in campo è lui». 

Uno Slam iniziato con un set da incubo contro McDonald. 

«Jannik ha spesso cominciato gli Slam molto forte, con grandi vittorie. Partire piano e andare in crescendo, in alcune situazioni, può essere un vantaggio. Il primo set negativo contro McDonald è anche figlio di tutto ciò che era avvenuto nei giorni precedenti, quando è uscita la notizia della positività, nonché delle fatiche fisiche e mentali di Cincinnati».  

La sensazione è che Sinner abbia vinto Melbourne alla Federer “prime”, grazie a un tennis champagne, e New York alla Djokovic, gestendo le partite e alzando il livello nei momenti chiave. 

«Sono d’accordo, si tratta di due vittorie molto diverse. Jannik è migliorato nella gestione delle partite, nella capacità di controllarle. Tatticamente è cresciuto molto: gioca maggiormente sull’avversario, sui punti deboli altrui, e meno su se stesso». 

Arrivare a New York da numero 1 del mondo e già vincitore di un Major ha aiutato? 

«Vincere gli Australian Open lo ha reso più tranquillo. Da Melbourne in poi si può dire che Jannik conosca meglio se stesso. Sa come ci si sente in determinate partite e riesce a controllare i momenti. La capacità di gestione del match arriva da una crescita sia tattica sia emotiva». 

Da favorito, Sinner dopo pochi giorni è diventato superfavorito a causa delle eliminazioni di Djokovic e Alcaraz. 

«Abbiamo analizzato match dopo match. Riccardo Ceccarelli, mental coach di Jannik, usa sempre l’esempio dello scalatore. Bisogna concentrarsi sempre su dove mettere la mano e poi di nuovo il piede, perché se guardi la cima rischi di cadere. Sapevamo che Alcaraz e Djokovic erano stati eliminati, ma eravamo anche consapevoli delle tante insidie che potevano essere Medvedev, Paul o Fritz». 

Nei lunghi mesi in attesa della sentenza Jannik ha vinto tornei e raggiunto ottimi piazzamenti mantenendo una continuità che, a posteriori, è stata straordinaria. 

«La forza mentale di Jannik è semplicemente incredibile». 

Una gestione mentale da grande uomo ancor prima che da splendido atleta.  

«Non avere alcuna colpa ed esserne cosciente è stato l’aspetto più importante per superare quel lungo e complicato periodo. È stata una montagna russa di emozioni, ma il modo in cui l’ha affrontata a 23 anni è stato eccezionale. Non ha subìto troppo i attacchi da parte dei colleghi – devo dire pochi, tre o quattro - Non si possono controllare le persone, bisogna andare dritti per la propria strada. Tutti sanno che ragazzo sia Jannik e, comunque, bastava leggere le carte per comprendere l’accaduto».  

Un periodo difficile anche per lei. 

«Io e Darren dovevamo capire i momenti cercando di aiutarlo quando possibile. Se in genere si pensa due o tre volte prima di esprimere un concetto, in quei mesi era necessario farlo anche 10 volte. Abbiamo provato a farlo vivere al meglio, con meno pensieri negativi in testa. È stata una situazione complicata: non potevamo parlarne con nessuno al di fuori del team, è stata una prima volta per tutti».  

Sinner ha già conquistato in stagione 9.000 punti. Qual è il segreto di tale continuità? 

«Non credo esista una pozione magica. I risultati arrivano da anni di lavoro grazie a tanti diversi aspetti. Da quando alleno Jannik abbiamo sempre cercato di renderlo il miglior giocatore possibile. Imprevedibilità, tattica, tecnica, fisico, atteggiamento, programmazione. Va sottolineato ad esempio che Jannik non ha mai giocato (milionarie; ndc) esibizioni. La continuità è, per un allenatore, la cosa più bella che ci sia».   

Ha parlato di miglioramento tattico. Maggiore conoscenza del gioco o migliore analisi degli avversari? 

«Un mix di entrambi gli aspetti. Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, Jannik giocava su stesso, senza guardare chi c’era dall’altra parte della rete. Ora studiamo gli avversari, proviamo gli schemi in allenamento; e vi è anche l’esperienza ad aiutare, dato che i match contri gli altri top players insegnano sempre qualcosa. Sa quando giocare un determinato colpo. La scelta tattica di Jannik è ora divenuta, quasi sempre, un automatismo». 

Federer, Nadal e Djokovic ci hanno insegnato che si può migliorare tecnicamente per tutta la carriera. Tecnicamente in cosa deve crescere Sinner? 

«Sicuramente nel servizio, che può essere ancora più vario. La prima inoltre fa molto male quando entra, ma bisogna migliorare le percentuali; lo slice di rovescio che ho visto a New York mi è piaciuto molto, ma può utilizzarlo ancora di più e in maniera più efficace. E poi la discesa a rete, lo smash, qualche variazione in più da fondocampo come i cambi di altezza o colpi più stretti. C’è ancora tanto da fare». 

Sembra assurdo da dire per il numero 1 del mondo. 

«Penso sia questo il nostro segreto. Non sono solito farmi dei complimenti, ma se c’è un merito che mi riconosco è di non aver avuto paura di cambiare il tennis di Sinner. Ho subito pensato di inserire nuovi colpi, diverse armi tattiche. È necessario però che il giocatore accetti di farlo, che sia convinto. Jannik ha creduto nelle mie idee. Tanti arrivano a un buon livello prima dei 20 anni ma poi si fermano lì, senza migliorare. I Fab4 ci hanno insegnato che bisogna evolversi sempre per continuare a vincere».  

Qual è il grande merito di coach Cahill? 

«Darren è prima di tutto una grande persona. Le qualità da coach sono note a tutti, ma è davvero un essere umano speciale. Nel team ha portato soprattutto esperienza e calma, aspetti importantissimi nella gestione dei grandi tornei».  

Una stagione con due Slam per Alcaraz e due per Sinner dà il via definitivamente a una nuova era? 

«In questo momento è normale pensarla così, ma ci sono tanti giocatori molto pericolosi: Zverev non ha ancora vinto un Major, ma se dovesse sbloccarsi potrebbe metterne qualcuno in fila. Medvedev sul cemento è molto forte. Sarà interessante capire chi riuscirà a evolversi maggiormente, a salire di livello. Il tennis cambia di continuo: Rune un anno e mezzo fa sembrava poter entrare in lizza per vincere gli Slam, oggi è lontano ma chissà che non possa tornare in alto». 

Il team, oltre a voi allenatori e all’osteopata Andrea Cipolla, vedrà l’innesto di nuovi membri. 

«Sì, entreranno un nuovo preparatore fisico e un fisioterapista. Avremo bisogno di un periodo per conoscerci, ma è normale che sia così. Vorrei sottolineare il grande apporto di Andrea Cipolla a New York, è stato fondamentale». 

Programmi? 

«La settimana prossima Jannik tornerà ad allenarsi, quindi voleremo in Cina per l’ATP 500 di Pechino e il Masters 1000 di Shanghai». 

Le finali di Coppa Davis, qualora l’Italia dovesse qualificarsi, sono in agenda? 

«Certamente, Malaga è nei nostri piani». 


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