Fritz è al top: l’arma in più di Sinner e le insidie da evitare

Ci saranno più di 20.000 persone oggi all’Arthur Ashe per la finale degli Us Open. Testa e cuore: l’americano sotto pressione, l’azzurro invece è preparato
Fritz è al top: l’arma in più di Sinner e le insidie da evitare
Alessandro Nizegorodcew
4 min

Oltre ventimila spettatori, il numero 1 al mondo opposto all’idolo di casa. Agli organizzatori degli US Open, onestamente, non poteva andare meglio di così. Jannik Sinner e Taylor Fritz si affrontano stasera sul campo dell’iconico Artur Ashe Stadium per la finale dell’ultimo Slam stagionale. L’azzurro per il secondo Major della carriera, lo statunitense per cambiare la storia della propria carriera. Il match vede Sinner inevitabilmente favorito (Jannik è a 1.25, Fritz a 3.8), ma le insidie sono molteplici.

Sinner, Fritz sta giocando il suo miglior tennis

Fritz ha giocato sino ad ora il miglior tennis della sua vita. Sinner no. Jannik ha palesato in tutto il torneo, però, la qualità dei campioni: alzare il livello al momento opportuno. È accaduto nei tie-break contro Tommy Paul, nelle fasi decisive di terzo e quarto set con Medvedev, così come nella parte finale dei primi due parziali contro Draper. Jannik tecnicamente, ha spesso avuto passaggi a vuoto con il dritto, e in alcune frazioni di match è calato parecchio nella percentuale di prime in campo. Fritz picchia forte come Draper, ma si muove meglio e ha maggiore esperienza; di dritto, come si dice in gergo, sta spaccando la palla. Ma, e questo è un punto a favore dell’azzurro, non può giocare meglio di così. Sinner, invece, ha la possibilità di crescere, eliminare qualche gratuito di troppo e trovare una migliore velocità di crociera. Uno standard da finale.

Fritz sotto pressione, Sinner preparato

Sinner disputerà a New York la sua seconda finale Slam (dopo il successo a Melbourne) ma, complessivamente, ha già dovuto affrontare un grande numero di big match. Jannik conosce già le emozioni, positive e negative, che si provano prima durante e dopo una finale di tale importanza. Arriva alla sfida con la testa pronta per l’evento. Aver gestito la pressione portata dalla vicenda-doping, in silenzio negli scorsi mesi e alla luce del sole nelle ultime settimane, ha dato paradossalmente ancora più forza mentale all’altoatesino. Fritz, alla sua partecipazione Slam numero 33, si è finalmente regalato l’invito all’ultimo ballo. Il rebus psicologico dello statunitense ha una doppia lettura: da una parte la spinta del pubblico di casa (che può esaltarlo come contro Zverev nei quarti di finale) e il più classico dei “nulla da perdere” dinnanzi al numero 1 del mondo; dall’altra la pressione di un popolo intero che aspetta da oltre 20 anni di ritrovare un campione Slam.

Fritz-Sinner, la strada verso la finale a confronto

La strada dal primo turno alla finale ha sempre una valenza rilevante sull’ultimo atto di uno Slam. Quanti set hanno disputato i due contendenti? Quanti momenti difficili hanno dovuto superare? Le energie rimanenti, sia fisiche che nervose, possono essere infatti determinanti. Fritz è stato perfetto nei primi tre turni, mentre dagli ottavi in poi ha dovuto sudare non poco: quattro i set persi nei match con Ruud, Zverev e Tiafoe. In totale è rimasto in campo poco meno di 16 ore (927 minuti). Jannik, che era partito malissimo concedendo il primo set del torneo a McDonald, ha poi perso solamente il secondo parziale contro Medvedev nei quarti. Poco più di 14 ore (860 minuti) in campo, per un risparmio di energie non indifferente. A Melbourne il percorso che portò alla vittoria fu ancora più “semplice”, e, non a caso, in finale Jannik riuscì a giocare contro Medvedev ad altissimo livello sino alla fine del quinto set.


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