ROMA - Quel sorriso contagioso, le mani rivolte verso il pubblico a chiedere tifo, rumore, aiuto, le grandi battaglie, il servizio e il dritto che funzionavano alla perfezione. Gli Internazionali del 2021 furono segnati dalle imprese di Lorenzo Sonego, ragazzone torinese, 27 anni mercoledì prossimo, primo semifinalista italiano 14 anni dopo Volandri. E ora siamo di nuovo qui, tra le statue del Foro Italico, a sperare in nuove emozioni. «E sì, Roma mi ha dato sempre una grossa mano. Il pubblico si fa sentire tanto, può essere decisivo. La città mi affascina, tanto diversa dalla mia Torino, così grande, luminosa, anche rumorosa, mi piace molto stare qui». Il torneo del 2021 fu incredibile: battaglia al primo turno con Monfils, poi dopo una facile vittoria su Mager, tre ore e mezza di lotta con Thiem e infine quel sabato che resterà nella storia: di mattina il successo di pura grinta su Rublev e di sera un altro braccio di ferro, questa volta con sua maestà Djokovic, costretto a faticare fino al terzo set.
A quale ricordo si sente più legato?
«Non è facile rispondere, forse la vittoria su Thiem, ottenuta 7-6 al terzo, è stata la più importante. Però battere Rublev in una Next Gen Arena impazzita di passione è stato grande, come poi sentirmi quasi alla pari con Nole in semifinale, una bella sensazione».
Quest’anno lei arriva al Foro Italico con meno certezze. Il suo ruolino di marcia stagionale è di 10 vittorie e 12 sconfitte, non il massimo per il numero 28 del mondo.
«Però erano tutti tornei di alto livello, ho perso partite molto combattute, in una stagione ci può stare avere questi alti e bassi».
Dopo la semifinale di Buenos Aires, ha perso cinque volte al primo turno (a Madrid da Draper, non proprio un esperto di terra battuta) e tre al secondo. E c’è il primo turno contro Shapovalov all’orizzonte.
«Ripeto, non sono preoccupato. Conosco un solo modo per andare avanti, lavoro e mi alleno come al solito, non mi sento lontano dal mio vero tennis. Dopo avermi battuto Draper ha sfiorato la vittoria anche con Rublev, è un ottimo giocatore. E poi Roma mi darà la carica giusta».
Al Foro Italico si affacciò per la prima volta nel 2016, partendo dalle prequalificazioni e perdendo poi al primo turno (7-5 al terzo set) con il portoghese Sousa. In questi sei anni quanto è cambiato, come giocatore e come persona?
«Tanto. Non sono più spensierato come in quei primi tempi, col passare degli anni sono molto cresciuto sul piano professionale. Adesso mi sento più maturo, in campo e fuori».
Il suo atteggiamento in campo è sempre invidiabile, anche quando perde c’è sempre una pacca sulle spalle dell’avversario, un sorriso da regalare. Ma è sempre così sereno?
«Mah, direi di sì, questo è il mio atteggiamento, la vita va presa secondo me in questo modo. Arrabbiarmi, io? Francamente non ricordo quando mi è successo per l’ultima volta»
Un obiettivo da raggiungere in carriera?
«Sicuramente giocare le Finals, almeno finché saranno organizzate a Torino».
Ex ala delle giovanili granata, super tifoso del Torino. Ma le piace la squadra di Juric?
«Sì, molto, abbiamo fatto un bel campionato. Secondo me Juric è un ottimo allenatore per noi, con un paio di ritocchi la prossima potrebbe essere un’ottima stagione. Belotti? Io lo terrei a vita».