Italia in Coppa Davis, una squadra da raccontare

Leggi il commento sulla vittoria degli azzurri nel torneo disputato a Malaga
Italia in Coppa Davis, una squadra da raccontare© Getty Images for ITF
Massimiliano Gallo
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Le Coppe Davis passano a tre. Le maledizioni non esistono. Esistono i periodi in cui non sei il più forte, per tanti motivi. Periodi che possono durare anche poco meno di cinquant’anni. Ma poi passano. Oggi l’Italia del tennis è la più forte al mondo, a livello maschile e femminile. La più forte in campo. La più forte di testa. E la più forte come gruppo. La Coppa Davis 2024 è diversa da quella dell’anno scorso. Che fu sostanzialmente la Coppa di Sinner. Fece quasi tutto lui. E soprattutto fu in quella semifinale contro la Serbia che esplose il tennista che ha poi dominato la scena nel 2024. Quei tre match point annullati a Djokovic sono stati la rampa di lancio per un atleta straordinario che a 23 anni è numero uno incontrastato, ha già vinto due Slam, e gioca un tennis a velocità supersoniche. Tira talmente forte da aver ridotto il campo a un tavolo da ping-pong. 

Questa è stata una Coppa Davis diversa. Dove ci siamo gustati un altro Sinner. Decisamente meno marziano. Più terrestre. E il merito è di Matteo Berrettini il primo ad aver portato il tennis italiano a una categoria superiore, con quella finale a Wimbledon che sembrava impossibile persino da sognare. Non vorremmo essere blasfemi, ma Berrettini ha portato nella Nazionale quel clima anni Settanta splendidamente raccontato nella docu-serie “La squadra”. Diciamolo, sarebbe stato complesso rendere accattivante il racconto della Davis dello scorso anno. Quest’anno no, quest’anno è diverso. 
Matteo è stato il trascinatore emozionale. Lo ricordiamo a testa bassa al Quirinale il giorno della premiazione per la vittoria dello scorso anno. Era a capo chino perché lui non aveva contribuito. Si sentiva un intruso. Era in lotta con i propri demoni. E con i parassiti dei social che gli vomitavano addosso il fiele di vite insoddisfatte.  
Matteo è risalito mettendo in discussione sé stesso. È stato lui, il giorno dei quarti di finale, contro l’Argentina, a offrire il contributo decisivo in quel doppio da dentro o fuori. Lui e Sinner ovviamente. In semifinale e in finale è stato lui a conquistare il punto in singolare, prima contro l’Australia e poi contro l’Olanda. Il punto decisivo perché l’altro era in banca. Ed è stato lui a regalarci l’altro Sinner, quello che quasi sempre resta prigioniero delle proprie responsabilità, per giunta in un anno particolarmente faticoso per la spada di Damocle del doping.  
Forse non arriveremo alle gesta extrasportive di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli, ma questa Davis 2024 merita la sua narrazione. È una storia di professionalità, riscatto, eccellenza, amicizia. È finito il tempo delle bande. È cambiato anche il mondo. Questa è una squadra vera. Quando Matteo si è ritrovato naufrago del tennis, Jannik c’era: ancora prima che lanciasse l’Sos. Così come quando su Sinner si è abbattuta la tempesta doping, le parole di Berrettini sono state di assoluta certezza, da mani sul fuoco. C’è questo alla base della seconda Coppa Davis consecutiva. Non solo due grandi tennisti, anzi uno grande e uno che potrà diventare tra i più forti di sempre.  


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