Errani si racconta in esclusiva: "Io sono tutti i miei sogni"

Dall'oro olimpico in doppio con Paolini al trionfo con Vavassori nel misto agli Us Open, un 2024 magico per la 37enne azzurra: le sue parole
Alessandro Nizegorodcew
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«Non dormivo la notte, avevo un’ansia pazzesca. Ho sopportato quel lungo periodo grazie alla mia testardaggine. Adesso che ho realizzato tutti i miei sogni posso dirlo: sono fiera di me stessa». Oggi Sara Errani è serena, la medaglia d’oro a Parigi 2024 e le tante vittorie in coppia con Paolini e Vavassori rappresentano il coronamento di una carriera straordinaria. Gioca a tennis ed è felice. Ai grandi successi, però, spesso si arriva tramite la sofferenza e i momenti di difficoltà. Una vicenda doping da cui è uscita totalmente pulita (ma ovviamente provata), il lancio di palla e il servizio che non funzionavano più, match interi (o quasi) a servire da sotto, il tennis di vertice che si allontanava. È il mese di giugno del 2019 quando Sarita, che in classifica è fuori dalle prime 350 del mondo, torna a vincere nel torneo ITF dell’Antico Tiro a Volo. «Dentro di me sentivo che avrei potuto superare tutte le difficoltà, i risultati non arrivavano ma ero consapevole di poter ritrovare la felicità in campo e, di conseguenza, le vittorie. Il tennis, per me, è sempre stato amore e non avrei potuto terminare la carriera in malo modo, come era accaduto a Dementieva e Coria, incapaci di superare le difficoltà al servizio. Ho ritrovato la spensieratezza, la voglia di divertirmi». La gioia è tornata: nel 2024, a 37 anni, l’apoteosi col trionfo al Foro Italico con Paolini, oro olimpico, vittoria nel misto a New York e tanti altri risultati di prestigio.

Prima degli Internazionali BNL d’Italia non era ancora sicura di qualificarsi per i Giochi.
«È pazzesco come siano cambiate le cose da Roma in poi per me e Jasmine, un anno indescrivibile. A Roma, al primo turno, eravamo praticamente fuori (erano sotto 7-5 4-0 contro Melichar e Perez, ndc), e alla fine abbiamo vinto il titolo».

A Parigi 2024 ha raggiunto il sogno più grande: l’oro olimpico. Anche in quel caso c’è stato un match folle, negli ottavi, contro le francesi Garcia e Parry, vinto 10-8 al supertiebreak.
«Credo che, col senno di poi, sia stato il match decisivo di tutto il torneo. Jasmine aveva perso contro la Schiemdlova un match combattutissimo sotto un sole cocente, negli spogliatoi era stanca e delusa; ha fatto uno sforzo disumano per giocare quel doppio, penso che in parte lo abbia fatto più per me che per sé. Sapeva quanto ci tenessi. Il clima sul campo 7 era infuocato: il pubblico francese urlava i ‘buu’ già dal riscaldamento».

A fine match sono arrivate le lacrime.
«In quei momenti si provano emozioni molto intense. È stato un pianto di liberazione e sopravvivenza. Eravamo ancora vive nel torneo e qualificate per i quarti di finale».

Si dice spesso che si prende coscienza di un oro olimpico solo dopo qualche giorno.
«No, io l’ho realizzato subito (ride; ndc). Ci tenevo talmente tanto, così come Pablo (Lozano, il suo coach dal 2005; ndc). È stato un momento stupendo già dopo la vittoria in semifinale, a medaglia assicurata».

Ha vinto praticamente tutto, che obiettivi ha ancora da raggiungere?
«Avevo pensato che il 2024 potesse essere il mio ultimo anno, dopo l’Olimpiade avrei smesso. Ma mi sto divertendo tanto, poi Jas non mi permette di ritirarmi. Per adesso ho in programma un altro anno, in cui dovrò capire come gestire singolare e doppio. A New York ho disputato tre tornei, compreso il misto, ed ero un po’ al limite fisicamente».

A proposito di misto, agli US Open è arrivato il titolo Slam insieme a Vavassori.
«L’intesa con ‘“Wave” è stata forte già da Wimbledon, dove ci siamo conosciuti meglio, allenandoci spesso insieme. La vittoria a New York è stata bellissima, giocheremo insieme anche agli Australian Open».

Oltre alle Finals di doppio, lei torna tra le convocate in Billie Jean King Cup a distanza di cinque anni dall’ultima volta e a sedici dalla prima.
«Ricordo l’esordio a Napoli nel 2008, giocai e vinsi il singolo (5-7 6-4 6-0; ndc) contro la Dominguez Lino su un campo indoor velocissimo. Nel primo set mi pareva di essere in apnea per quanto ero tesa ed emozionata. Io e l’attuale capitana Tathiana Garbin vincemmo anche il doppio, ma la sfida finì 3-2 per la Spagna. Fu un momento comunque speciale. Oggi c’è un bel gruppo con Jasmine, Cocciaretto, Trevisan e Bronzetti. Avere un doppio solido come il nostro è sicuramente un vantaggio».

Il suo esordio nel circuito professionistico è invece dell’agosto 2001, quando a Spoleto disputò le prime qualificazioni in un ITF. Nel 2005, poi, a Melilla (città autonoma spagnola situata sulla costa del Marocco), il primo titolo.
«A Melilla avevo vinto singolare e doppio. Era l’anno in cui iniziai a lavorare insieme a Pablo, che mi disse di aver trovato un’ottima compagna di doppio. Si trattava di Maria Josè Martinez Sanchez (che avrebbe vinto al Foro Italico nel 2010; ndc), a rete era impressionante. E i campi erano missili. Ero giovanissima, il ricordo più nitido è l’assoluta fiducia che Pablo riponeva in me, più di quanta ne avessi io. Vedeva qualcosa in me».

Sinner e Paolini, i due modelli del tennis italiano. È un momento unico e irripetibile?
«Speriamo duri il più possibile. Jannik e Jasmine sono grandi campioni, ma sono soprattutto esempi per i più giovani. La loro umiltà, la voglia di lavorare e migliorarsi, li contraddistingue. Sono fenomeni anche a gestire le pressioni esterne».

A proposito di giovani. “Pallino”, all’anagrafe Federico Cinà, che lei ha visto crescere (è il figlio di Francesco, coach di Roberta Vinci), ha vinto il suo primo titolo da professionista a 17 anni. Che effetto le fa?
«Già vederlo nei tornei juniores degli Slam è stata un’emozione incredibile. Mi sono allenata con lui a Palermo, è un ragazzo splendido oltre che fortissimo. A Padel, però, ho vinto io».

Il futuro di Sara Errani, dopo il tennis, sarà nel padel?
«Sì, se il fisico me lo consentirà mi piacerebbe».


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