Binaghi: "Blindiamo Sinner e ci teniamo le Finals"

Il presidente della federazione: "Jannik straordinario, noi e il suo team vogliamo proteggerlo  da questa follia collettiva"
Binaghi: "Blindiamo Sinner e ci teniamo le Finals"© ANSA
Paolo De Laurentiis
12 min

Rientrato da Miami, in partenza per Montecarlo, gli Internazionali all’orizzonte, Sinner in prima pagina un giorno sì e un altro pure. Angelo Binaghi, numero uno del tennis italiano, maneggia la sua creatura con cura. «Sono preoccupato». 

Seriamente? 

«Sì, siamo travolti. Ormai da mesi». 

Travolti dal successo. 

«Quello di Sinner ovviamente. Ma anche la concomitanza di tanti fatti così eclatanti: le manifestazioni che scoppiano di pubblico, la crescita nei circoli di padel e pickleball». 

Era questo che si aspettava all’inizio del mandato? 

«Nessuno al mondo poteva immaginare una cosa del genere». 

In una parola. 

«Siamo in una dimensione fantascientifica». 

Ma sempre i numeri 2 dietro al calcio. 

«È il motivo per cui dobbiamo continuare a lavorare. E con Sinner numero 1, abbiamo il dovere di crescere ancora come popolarità e numero di tesserati».  

Un movimento del genere si migliora o si gestisce? 

«Siamo in continua emergenza da successi. Tutto cresce a una velocità superiore rispetto alla quale riusciamo ad adeguare la nostra struttura». 

La soluzione? 

«A parte chiedere a Sinner di perdere qualche partita? Ma direi che tifare contro non può essere l’argomento». 

Qualcuno la invidierà. 

«Certo, quelli che non ottengono risultati. Ma è una crisi seria perché questo non è un processo di crescita sano». 

Il fenomeno Sinner è gestibile? 

«È il più facile e il più difficile da gestire: facile perché lui è una persona straordinaria, intelligente, educato, con un team che è il migliore del mondo. Quindi è nella situazione ideale per gestire la situazione più difficile possibile: quella di un campione eccezionale in un Paese come l’Italia». 

Si avvicinano gli Internazionali. 

«Noi ci siamo messi a disposizione. Quando gioca in Italia deve poter pensare solo al campo». 

Non è facile. 

«Va difeso, come abbiamo fatto in passato. A settembre dagli attacchi di una parte dell’opinione pubblica per non aver giocato in Davis. Gli stessi che ora gli dicono “che fico che sei”. Poi lo abbiamo aiutato dopo Melbourne per fare quei doverosi passaggi istituzionali nel modo più indolore possibile. Ora bisogna difenderlo dal popolo».  

Da Roma a Torino, cosa succede alle Finals dopo il 2025? 

«Che restano in Italia. Per quanto tempo e dove, al momento non lo sappiamo. Cercheremo di sicuro un’estensione di Torino perché la città è stata fantastica con una sindaca (Chiara Appendino, ndr) che ha creduto nelle Finals. E noi, tra tanti difetti, non abbiamo quello dell’irriconoscenza. Ricordiamo tutto, nel bene e nel male». 

Un altro successo. 

«Qualcuno pensava che fossero un premio di consolazione, convinto che sarebbe stato meglio avere un terzo delle Olimpiadi invernali e non 5 anni di Finals. Roba da ridere». 

È possibile arginare l’offensiva economica degli arabi? 

«Mai avuto paura degli arabi. Il tennis ha dinamiche particolari, non puoi portare via Wimbledon da Wimbledon, non è questione di soldi. Ciò nonostante è giusto parlare con loro perché possono essere un valore aggiunto». 

Si può fare? 

«Il fondo arabo sponsorizza il circuito, compreso Torino. Il loro approccio con il mondo del tennis è molto più utile rispetto a quanto fatto dal fondo del Qatar per il padel, che prende i soldi e non ha ancora portato sponsorizzazioni di livello. Se vogliono investire nel tennis c’è il modo per poterlo fare. Gli si dà una mano per far crescere il movimento nel Paese portando qualche torneo, con la speranza che si veda anche qualche timido spettatore e non solo cammelli». 

Quindi non ci porteranno via le Finals? 

«In realtà sulle Finals i pericoli ci sono sempre perché valgono. All’assegnazione precedente hanno partecipato 40 capitali europee e mondiali. Non ci hanno lasciato fare per simpatia: ma noi abbiamo Sinner, sappiamo organizzare, abbiamo il governo e le istituzioni con noi, abbiamo anche una televisione. È un contesto che garantisce la Atp»

Torniamo a Roma: Sinner solo sul Centrale? 

«Siamo molto allarmati e lo dico seriamente. Ci siamo già incontrati con Sport e Salute per prevenire problemi di ordine pubblico. Secondo me Jannik non potrà uscire dal Centrale. Il problema è: cosa succede se lui va in finale in un contesto in cui i biglietti sono finiti già da due mesi con prezzi che arrivano a 1.300 euro». 

Se lo dice da solo? 

«Sì, è una follia...». 

Lei cosa fa? 

«Ah no, io scappo. Anche perché questa sarà un’onda alimentata nel corso di tutto il torneo, anche grazie alla Rai che manderà una partita al giorno in chiaro».  

Invece seriamente. 

«Non è finita: con questa nuova formula e con questa situazione del tennis italiano potremmo avere lo stesso giorno in campo Sinner, Berrettini che avrà una wild card, Musetti, Arnaldi, qualcuno che abita a Roma come Cobolli, Fognini, Nardi e di sicuro sto lasciando fuori qualcuno. Già ora siamo al +40% di prevendita rispetto al 2023 da record». 

Soluzione? 

«Proteggere gli italiani sui campi numerati (Centrale e Grand Stand, ndr) altrimenti diventa pericoloso. Con Sport e Salute stiamo anche ragionando su nuovi sistemi che garantiscano sicurezza nel caso in cui ci siano giocatori italiani su altri campi». 

In prospettiva? 

«Numerare un terzo campo, ma bisogna muoversi con un anno di anticipo anche per gestire la vendita dei biglietti». 

È una follia pensare di mettere il campo dentro l’Olimpico? 

«Per niente. L’anno scorso è stato l’anno 0 con due problemi: qualcuno che non aveva capito la formula e le giornate di pioggia. Ora siamo all’anno 1: qualcuno continua a non capire la formula ma il movimento è cresciuto a dismisura. Nei prossimi anni serviranno spazi più ampi e un terzo campo numerato. C’è la piscina dello Stadio del Nuoto, c’è l’Olimpico e se lo fa Miami non vedo perché non potremmo farlo noi. Certo, in questo momento sarebbe difficile perché ci giocano Roma e Lazio ma se in prospettiva, come sento, si faranno il loro stadio, l’Olimpico può diventare una soluzione». 

Sinner, Pietrangeli, Panatta. Qual è il suo ordine? 

«Esattamente questo. Dato dalla classifica sul campo ma anche un ordine dato dal... valore umano delle persone?»  

Faccia lei. 

«Sinner è un Pietrangeli con la dottrina e la cultura del lavoro. Per ora, perché poi bisogna vedere».  

A proposito di grandi ex, Barazzutti candidato alla presidenza. 

«Che problema c’è? È la democrazia, il popolo decide. Anzi, spero che non la ritiri perché da quando l’ha annunciata abbiamo cominciato a vincere». 

Di cosa va più fiero e di cosa si è pentito in tutti questi anni? 

«Sono fiero di aver avuto la forza a 42 anni, appena eletto, di cacciare i mercanti dal tempio. La cosa di cui mi sono pentito è di avere permesso, facendo una transazione, a uno di questi mercanti di risolvere un contenzioso con la federazione restituendogli la verginità».  

Come sono i rapporti con gli ex azzurri della Davis? 

«Qui devo stare attento... Diciamo che, fatte salve le debite eccezioni, e naturalmente Pietrangeli è una di queste, da presidente della Federazione mi è capitato spesso di avere a che fare con loro non per vicende e interessi molto nobili». 

È vero che non li invita? 

«Ma no, a settembre a Bologna li abbiamo chiamati tutti, erano i 90 anni di Nicola e due di loro erano lì per seguire la Davis. Una bella cerimonia e non è venuto nessuno. Cosa devo fare? Che si ritengano invitati tutta la vita». 

Se dovesse scegliere tra Sinner che vince a Parigi e diventa numero 1 e Sinner che vince l’Olimpiade? 

«Ma per carità, la faccio ancora più facile. Sinner che vince gli Internazionali o le Olimpiadi: scelgo Roma. Nel tennis ci sono sei o sette eventi ogni anno che superano i Giochi. Le Olimpiadi sono importanti ma chi ricorda chi ha vinto il tennis a Tokyo? Nessuno. Mentre tutti ricordano Alcaraz che batte Djokovic a Wimbledon». 

 

 


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