Il successo di AW LAB Is Me Music Edition appena concluso ha dimostrato l'attenzione che i Millennials rivolgono al marchio di store con sedi in tutta Italia, in Spagna e Repubblica Ceca. 350 performance live, 2200 giovani artisti iscritti, 1800 video caricati sulla piattaforma: Is Me Music Edition è stato un successo annunciato partito da lontano, che ha preso il via a fine febbraio. A inizio giugno in Triennale a Milano è stato decretato il vincitore, che grazie alla partecipazione di Sony Music e alla consulenza di Big Fish e Jake LaFuria, potrà produrre e distribuire il suo singolo e realizzare il videoclip di lancio.
Di questo progetto, dei prossimi e di molto altro ci racconta Domenico Romano Head of Marketing di AW LAB?: «Siamo retailer, è vero, il nostro business è comprare e rivendere merci. Ma è anche vero che il nostro punto di forza è il fatto di essere il giusto contenitore per accogliere i clienti. Allora non vogliamo solo vendere, ma in quanto contenitore vogliamo creare contenuti, raccontare storie. Diventare media. E creare format: AW LAB Is Me è come X Factor.
Abbiamo riunito i nostri brand partner e Sony e creato un contenitore che sia in grado di sostenere la nostra mission, ovvero dare un'opportunità in più alla generazione che vive i nostri spazi».
Continua Domenico: «Questa generazione ha un gap molto grande: ha soltanto media che non hanno una linea editoriale. Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat non sono altro che dei contenitori dove ognuno crea dei contenuti e si allinea a un'immagine, ma non ha una linea editoriale. Quest'anno il format si basa sulla musica: ti mettiamo a disposizione il contenitore e la possibilità di diventare una star, se questo è il tuo sogno».
State già pianificando il prossimo format? Ogni anno un tema diverso?
«Sì, basta che sia prossimo ai nostri clienti. L'anno prossimo potrebbe essere un nuovo genere musicale o qualcosa che crei comunque trasversalità. Ci stiamo lavorando. Nel nostro Dna ci sono l'arte/design, viaggi, musica e cinema/dance»
Vi rivolgete a ragazzi tra i 16 e i 25 anni, la generazione giovane, che sta online. Come si concilia offline e online?
«Non esite più un mondo fisico e uno digitale. Esiste un mondo digitale all'interno di un mondo fisico. Non c'è più una “digital strategy” o una “traditional strategy”, ma una strategia all'interno di un mondo digitale. Anche il concetto di divisione dei canali di comunicazione stesso non ha senso secondo me. Quello che non muore è il racconto delle storie, che possono essere fruite ovunque, senza divisione tra un canale e l'altro. Noi siamo il contenitore, dobbiamo creare la storia - ce la danno i nostri brand e i nostri clienti. Noi diamo la linea editoriale».
«Il concetto non è vivere virtuale e reale. Quello che si fatica a capire è che il solo voler definire qualcosa significa guardarlo dall'esterno. Questi ragazzi non “stanno” su Internet, sono Internet. I ragazzi non si rendono conto della differenza tra online e offline, non gli interessa. Si stanno evolvendo i media e noi ci dobbiamo evolvere con loro, ma ci saranno sempre storie da raccontare, inventare e da fruire».
Quanta importanza ha il negozio fisico?
«La differenza tra noi e tutti coloro che hanno provato a fare un talent show è il contatto con il cliente. Siamo credibili perché il ragazzo che entra in negozio vede ciò che stiamo facendo. Big Fish che firma autografi è lì, presente nello store di via Torino. Siamo i più forti proprio perché abbiamo il contatto diretto. Incontriamo qualcosa come 258 milioni di persone l'anno, 50 milioni sono soltanto i visitatori degli store in tutta Europa tra Italia, Spagna e Repubblica Ceca. Cinquanta milioni di persone che entrano in contatto con te sono più di quelli che potresti raggiungere con uno spot in loop durante la finale di Sanremo. E in più lo facciamo in target. È per questo che funziona. Noi ti guardiamo negli occhi».
«Ogni azienda dovrebbe chiedersi ogni volta due cose: “what are we bringing to the world” e “why the world needs us”. In fondo il mondo ha bisogno di un altro negozio di scarpe? Noi vogliamo essere qui per dare voce a una generazione. Vedrai che lo faremo».