Max Giusti sta girando l’Italia con il suo... frizzante tour teatrale, Bollicine. Uno spettacolo che era già andato forte lo scorso anno (due settimane al Sistina, poi le tappe estive) e che ora è ripartito. «La novità è che ci sono in scena il mio Alessandro Borghese e il mio Aurelio De Laurentiis. Di solito non mi piace portare i miei personaggi in giro, perché poi si viziano e si sentono più importanti di me! Ma questa volta mi sono arreso: mi sembrava che magari una parte del pubblico potesse rimanere delusa, senza di loro». Tra una data e l’altra del tour e una capatina da Fabio Fazio, Giusti conta di fare un blitz pure alle Finals, nel week end. Anche perché il suo legame con Tennis&Friends è solido e datato. «Tengo ad esserci, sì. Quando è nato il progetto, quando Giorgio Meneschincheri ha spiegato la sua idea a me, a Paolo Bonolis, a Fiorello... Non era facile pensare che sarebbe stato possibile realizzare una cosa così grande. Eravamo entusiasti anche del fatto che non fosse “solo” una raccolta fondi (pur con tutto il rispetto per le raccolte fondi, ovviamente), ma addirittura l’opportunità di fare prevenzione, cioè salvare vite. Per questo le proverò tutte pur di esserci: mi piace il fatto che noi diventiamo piccoli, che la nostra... “notorietà” possa essere usata per far sì che un papà, una mamma, un figliolo vengano a vederci e poi, proprio mentre stanno a guardare noi che facciamo finta di fare i campioni, vadano a fare prevenzione in una delle ben 11 specialistiche che ci sono quest’anno a Torino. Ovviamente nel 95%, nel 99% dei casi non c’è niente e te ne torni a casa più contento, ma se c’è qualcosa hai modo di intervenire immediatamente».
Di attività sportiva lei parla con cognizione di causa.
«Il mio rapporto con lo sport è totale: gioco a tennis, a padel. Ho un circolo a Roma, il Play Pisana, da cui escono tanti giovani campioncini. Ci sono passati Luciano Darderi, Martina Cerbo, Massimo Pizzigoni, Simone Vagnozzi, Alex Vittur... Il tennis per me è l’opportunità di fare i conti con la quotidianità e con i ragazzi. Condividere il mio tempo con loro è la cosa più bella che c’è. Quando sono un po’ stanco mi chiudo nel mio circolo e vado a vedere i tornei dei miei ragazzi. Tra l’altro ho anche aperto un circolo di padel a Milano (in società con un gruppo di amici eh, non ho mica le disponibilità di Taylor Swift!). In più corro nel motocross: micimento nel campionato italiano moto d’epoca e a volte faccio qualche gara con la moto moderna nel campionato regionale».
In campo al Tennis&Friends quanta competitività c’è? Quanta voglia di vincere?
«Allora, c’è una leggenda che in realtà ormai è più di una leggenda... Io sono uno dei pochi che è riuscito a vincere la competizione, è successo ormai 8-10 anni fa. Uno dei pochi, dico, perché se c’è Paolo Bonolis che gioca le finali, allora non c’è verso: o in un modo o nell’altro vince Paolo. Come mai, rimane un mistero! Ma ormai diciamo che questa è diventata per noi una bellissima tradizione e va bene così...».
Dunque la tua vittoria assume ancora maggior valore...
«Infatti io mi sono portato via la coppa nascondendola, non facendola mai vedere e senza darmi un tono. L’ho fatto solo con te in questa intervista... Ora temo ripercussioni!». (ride)
Dei personaggi che appunto ti stanno chiedendo a furor di popolo in “Bollicine” quale sarebbe più ficcante e convincente per portare le persone al Fan Village delle Finals e indurle a fare gli screening?
«Beh, a questo punto, se si chiama Fan Village, chiamerei Alessandro Borghese: ristoratori non vi preoccupate perché prima di aprire il padiglione ho fatto l’ispezione ed è tutto pulito. Anche la cappa!».