Capitan Totti firma una rimonta super

Sei gol regolari, tre annullati, il giovani Totti che va in rete e la rivincita della Roma dopo quattro stracittadine perse
Capitan Totti firma una rimonta super
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Forse il derby più pazzo di sempre: sei gol regolari, tre annullati, continui colpi di scena. Ospite in tribuna Diego Armando Maradona. Dopo la stagione delle quattro stracittadine perse (1997-98), la Roma evita la quinta sconfitta rimontando in dieci uomini lo svantaggio di 3-1 e rischia addirittura di vincere 4-3, ma il gol di Delvecchio non viene convalidato dall’arbitro. I giallorossi arrivano alla sfida con tre punti di distacco dalla Fiorentina, prima in classifica, ma senza Cafu, Zago e Di Biagio. Il primo tempo finisce 1-1: Mancini risponde a Delvecchio. Nella ripresa, succede di tutto. Il “Mancio” raddoppia, Petruzzi viene espulso per doppia ammonizione, e la Lazio cala il tris con un rigore di Salas. La Roma è alle corde, ma trova la forza di reagire: al 78’ Di Francesco riaccende la speranza, la squadra di Zeman si riversa in avanti e dopo tre minuti Totti segna un clamoroso 3-3 sotto la Curva Sud (per lui è la prima rete in un derby). L’emozione finale è un’altra rete di Delvecchio, di testa, non convalidata dall’arbitro. A fine stagione, la Lazio perderà lo scudetto nella volata finale con il Milan, la Roma chiuderà al quinto posto, qualificata per la Coppa Uefa.

IL COMMENTO DI Ale_Duo68

Ricordo come se fosse oggi la vigilia di quel derby del 1998. Venivamo da una stagione in cui ne avevamo persi 4 di fila, due in campionato e due in Coppa Italia e il solo pensiero di ricevere altri sfottò mi faceva ribollire il sangue. Sarei voluto essere allo stadio ma, poiché la Lazio giocava in casa, non ci andai. Il motivo? Semplice, come mi aveva insegnato mio papà “Ai laziali non si danno i soldi”. E così quel lunghissimo 29 novembre passò tra l’attesa spasmodica per un presunto riscatto e la paura di un’altra imbarcata. E, a essere sinceri, il rischio c’era perché quella Lazio faceva paura e a noi mancavano due pezzi da novanta come Cafù e Di Biagio, sostituiti da Wome e Tomic. Insomma non proprio Roberto Carlos e Gerrard! Però c’era qualcosa nell’aria che induceva all’ottimismo o forse era semplicemente quell’ottimismo tipico del romanista che ogni volta che sente aria di derby diventa come il toro di fronte al drappo rosso. Mi sembra oggi di rivivere quella sera, tutti stipati in casa, fratelli, fidanzate, nipoti con pizza, birra e coca cola a fiumi. Poi il calcio d’inizio ed il gol di Super Marco Delvecchio, uno che come vedeva biancoceleste timbrava puntualmente: e già lì che il salotto di casa si trasforma in uno spicchio di Curva Sud tra grida, urla e cori. Una gioia durata appena tre minuti, tanto ci mise Mancini a pareggiare, per poi sprofondare nella depressione più nera quando ancora Mancini e poi Salas portarono i cugini sul 3 a 1, a venti minuti dalla fine. Ci mancava solo l’espulsione di Petruzzi: ma in quel momento abbiamo capito tutti che la partita sarebbe girata proprio grazie a quel folle utopico del nostro allenatore, Zeman. Sotto di due gol e con un uomo in meno ci pensano prima Di Francesco, grande Eusebio, e poi, quattro minuti dopo, è Totti, al suo primo derby da Capitano, a siglare il gol del pareggio. E lì come non si sia distrutta completamente casa ancora me lo chiedo a distanza di 18 anni. Che poi Farina ci annulli il gol, validissimo, del 4 a 3, ancora con Delvecchio, quella è un’altra storia. Non avevamo vinto ma il tabù era infranto e, un girone dopo, ci saremmo presi la nostra rivincita in pieno.


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