È la prima delle medaglie nostre, non è la prima delle medaglie. Superfluo farglielo notare, Pippo Ganna è un fuoriclasse della cronometro (e della pista), non è un poverino volenteroso che corre e si esalta per un piazzamento, la sua testa è alta e grande come il suo fisico maestoso, vaga abitualmente e stabilmente nelle regioni celestiali del meglio e dell’assoluto, dunque il primo a valutare i metalli è proprio lui, senza bisogno di patetiche intermediazioni. Proprio perché Pippo è di razza pura, pezzo unico, pezzo pregiato, sa quante galassie dividono la prima delle medaglie dall’argento. E difatti, appena sceso di bicicletta, dopo quello sforzo disumano in apnea che è la cronometro, ha l’immediata e spontanea lucidità per pesare da solo l’avvenimento: «Non è la medaglia che volevo. Se non altro mi ha battuto un fuoriclasse». E subito dopo, da vero campione incapace di fare il piangina e trovare subito mille scuse esterne, solo un accenno a quella che comunque resta una scusa vera. «Oltre tutto pioveva, si sa che sul bagnato non sono un drago». Conosci te stesso, primo passo della sapienza, Socrate. Ottimo e abbondante, Pippo.
Bisognerebbe che da qui in avanti tutti gli azzurri in gara a Parigi fossero come te, adottassero il tuo protocollo: dare tutto, mettere in gioco quattro anni di ossessioni monotematiche per i Giochi, e poi affrontare serenamente il risultato, consapevoli che più di così non si poteva. Se non è una medaglia d’oro, è comunque un modello a duemila carati. Qualcosa poi dovremmo dire noialtri che guardiamo dal di fuori, cercando di essere anche meno severi di Ganna con Ganna. E allora, a Ganna quel che è di Ganna: il risultato resta grande, perché battuto non di molto da quel mostro di Evenepoel, uscito da un Tour con i test da cavallo di Pogacar (e chissà che questo non sia alla fine il vero vantaggio). In aggiunta, davvero e senza piagnistei, il fondo bagnato: su quel fondo, lo sanno tutti, Pippo è un po’ gatto in tangenziale. E per concludere l’analisi, quel finale stratosferico, quello sì in tutto e per tutto da medaglia d’oro: dietro anche a Van Aert, Pippo cambia marcia nell’ultima parte, rischia pure di andare a sbattere sulle transenne per una paurosa sbandata, ma riesce a scavalcare il Van, staccando il tempo record nel terzo e ultimo intermedio (un secondo meglio di Evenepoel).
Cose così, cose da raccontare ai nipoti, quella volta che. Quella volta che non andò come doveva, come voleva, ma che comunque fu una bellissima giornata malinconica. Pippo è di quella scuderia dei purosangue che si macerano più sulla sconfitta rispetto a quanto sbarellino per una vittoria. A 28 anni appena compiuti, Pippo non è mai cambiato: è sempre rimasto il serio, il composto, il riservato, che esce un po’ – parecchio - dagli schemi social-influencer-pierre dei suoi tempi. Ricordo personale: maggio di quest’anno, Pompei, partenza di una tappa del Giro. Un paio di ragazzini gli si avvicinano al pullman della squadra e gli chiedono una foto di gruppo, col papà pronto al clik. Va bene, dice Pippo, qui vicini e un bel sorriso. I ragazzini fanno anche per alzare il telefonino scopo selfie, lui li guarda e li incenerisce: dai, via quel maledetto telefonino, se facciamo una foto deve essere una bella foto, si può vivere un minuto anche senza, vi pare? Prima che mi dicano cosa c’entra questo con l’argento di Parigi, prima che mi dicano posa il fiasco, specifico: Filippo Ganna è questo, un tipo particolare sulla mostruosa bici della cronometro e della pista, un tipo particolare anche quando va a piedi.