Pallavolo, il cuore grande delle ragazze

Leggi il commento del direttore del Corriere dello Sport-Stadio
Ivan Zazzaroni
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Più della loro partita mi ha emozionato la loro emozione. L’emozione di ragazze poco più che ventenni che han toccato il cielo con l’intera mano e se lo sono schiacciato addosso. In fondo la partita non c’è mai stata: troppo superiori le nostre, e da subito. Il momento totalmente coinvolgente - e che resterà - dopo il punto del 3-0, osservando quegli occhi stupiti e pieni di luce, gli abbracci a coppie, e pensando a cosa stesse passando da quelle belle teste e da quegli splendidi cuori. 

Al cuore grande delle ragazze, celebrato romanticamente da Pupi Avati, le nostre hanno aggiunto tecnica, concentrazione, attenzione, potenza e conoscenze.  
E quanto è stato emozionante veder saltare come un grillo Julio il semplificatore dell’impossibile, 72 anni e mille vite, andate e ritorni, e passaggi a ovest del suo sport; Julio che un giorno ci spiegò che «l’ideale assoluto avviene nel momento in cui l’allenatore non ha più niente da dire perché i giocatori sanno tutto quello che devono sapere». 
Contro gli Stati Uniti Egonu e Sylla, Da nesi e Orro, Fahr e Bosetti, Antropova e Giovannini sapevano già tanto, forse tutto - Velasco l’ha capito nei primi trenta secondi, sul 2 a 0 - e l’hanno messo sul parquet parigino. 
La schiacciata più esaltante è stata quella della ventiquattrenne Lubian. Ma dopo, sempre dopo: durante la premiazione. Andate a rivedere le immagini del bellissimo momento: Marina soffia in continuazione per espellere tutte le sensazioni e i pensieri che le scoppiano dentro e non è più in grado di trattenere. 
Quello che rende davvero speciale questa vittoria è che le ragazze di JV ci hanno fatto entrare proprio nel loro cuore grande, ci hanno fatto vivere le loro speranze, le loro paure, le loro certezze, come sorelle, figlie, amiche, fidanzate. 
Abbiamo respirato e sospirato insieme a loro, ci siamo rialzati nei rari momenti in cui abbiamo concesso qualcosa alle americane, abbiamo sorriso dei loro sorrisi per un muro perfetto o un’impressionante diagonale di Bosetti o Paola. 
Tutto è successo all’ora di pranzo: quante volte ci siamo alzati da tavola per avvicinarci al televisore e tentare di entrare in campo. 
In campo siamo finalmente entrati per ascoltare l’inno, cantare le stesse lacrime delle ragazze italiane e urlare con loro «l’Italia chiamò, sììììì!». La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso. 


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