Italia alle Olimpiadi: le emozioni

Leggi il commento del Direttore del Corriere dello Sport - Stadio
Ivan Zazzaroni
3 min

Gli occhi di Alice D’Amato che sul podio della ginnastica ci rapiscono e fanno vivere le stesse emozioni: incredulità, gioia, ma forse gioia è addirittura poco. È caduta Diabolik Biles e lei, la nostra Eva Kant, ne ha approfittato per conquistare istanti e un metallo preziosissimi. Alice ha ventun anni, ne dimostra qualcuno di meno, è al tempo stesso ingenua e smaliziata, fragile e rigorosa, e potente.

Manila Esposito è in piedi alla sua sinistra, di anni ne ha diciassette e sogna di diventare mamma, un giorno. Come Alice, resta a lungo in silenzio al momento dell’inno. Qualcuno lo canta dalle tribune. E allora attaccano anche le due ragazze. Ma con un filo di voce. Per non disturbare il cuore.

L’Italia chiamò sul serio, stavolta. Due set a zero e 24 a 21 per il Giappone. Siamo sull’orlo del burrone e aspettiamo l’ultima spinta da Ishikawa e Nishida che ridono dopo ogni botta. Chiudo gli occhi, non mi piace perdere: attendo vigliaccamente la sconfitta. Quando li riapro leggo 27 a 25 per noi. Pazzesco: ancora vivi, ma fino a quando? Lucky Lucchetta spara una serie di lucchettate di entusiasmo circolare. Decido di seguire il quarto set per intero, qualsiasi cosa accada. Un pensiero nero mi accompagna: dopo tutto quello che Giannelli, Michieletto, Romanò e gli altri hanno combinato non possiamo perdere, sarebbe disumano. Anche il quarto è nostro, 2 a 2, si arriva ai 15. Quattordici a tredici per noi, match point. Dimmi che... Niente da fare, tornano in vantaggio loro. Sta a vedere che finisce proprio come temevo. Non chiedetemi come, ma spegniamo l’ultimo sorriso orientale, un urlo squarcia la redazione: sarà Pasquale, di là! Semifinale! In tribuna piangono. Loro, i giappi.

Oro, orooo! Un altro urlo dalla stanza più vicina. È il nono, ne manca soltanto uno per pareggiare Tokyo. Il merito è di Bacosi e Rossetti nello skeet. Stavolta l’emozione è particolare e più forte delle precedenti, sfiora la commozione. Questo oro riporta a Giuseppe, mio padre che non c’è più da 7 anni e allo skeet, la sua grande passione, mi introdusse quand’ero ragazzino. «Vai a scuola da Ennio. Imparerai». Ennio era, è Mattarelli, medaglia d’oro a Tokyo, ma nel ’64. Oggi Mattarelli, considerato uno di famiglia anche da mio zio e dai cugini tiratori, presenza quasi fissa alla Borgatella di San Lazzaro, ha 96 anni, a Parigi l’hanno appena festeggiato.

Chi ha inventato le Olimpiadi, chi le ha cresciute, rendendole ipertrofiche, ci ha fatto un regalo enorme. Ogni quattro anni raccontano tante storie (e tante forme), procurano dipendenza televisiva, mentale, interiore. Protagonisti, sentimenti, conflitti, rappresentano uno di quei momenti in cui ci rendiamo conto che la vita sa offrire straordinari fasci di luce a costo zero.

Ho fatto un patto sai con le mie emozioni… le lascio vivere e loro non mi fanno fuori! Questo è Vasco. E ci sta tutto. 


© RIPRODUZIONE RISERVATA