Europa, così cadrai in mano ai Marchi cinesi

La ripresa del mercato delle auto è guidata dalle vetture ibride, in lieve calo le vetture a benzina
Europa, così cadrai in mano ai Marchi cinesi© EPA
di Massimo Ghenzer
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Il mercato europeo dell’auto chiude i primi cinque mesi dell’anno, i più importanti per i volumi, con un leggero incremento rispetto allo scorso anno, 5.569.024 contro 5.324.124 del 2023 (fonte UNRAE). Il messaggio che viene dal mercato è chiaro, siamo ancora indietro e di molto rispetto al 2019, ultimo anno pre-Covid. Le quote delle motorizzazioni ci dicono che il benzina è in calo dell’1,1% ma rimane il più venduto, a poco meno di due milioni di vetture.

Dopo il benzina viene l’ibrido, in grande crescita, 20,5% in più dello scorso anno e con oltre un milione e seicentomila immatricolazioni. Al terzo posto viene l’elettrico che cresce del 2,2% a 745.269 ma con una quota di mercato sostanzialmente immutata al 13,4%. Il Diesel continua a perdere quota e volumi e l’ibrido con la spina è sostanzialmente stabile a circa il 7% del mercato. Sono passati parecchi mesi, se non anni, e abbiamo ormai capito che l’elettrico senza forti incentivi non decolla. Rimane un prodotto non in grado di sostituire benzina e ibrido nei volumi di vendita. L’analisi che si trae è che la transizione energetica come impostata dal precedente Parlamento Europeo non funziona e le misure di protezione del mercato con i dazi non hanno valore strategico, tenderanno ad accelerare l’ingresso delle industrie cinesi con proprie fabbriche in Europa. L’Europa non ha una struttura federale ma è divisa in nazioni e a parte futili ingerenze su temi marginali, vedi i tappi di plastica, non ha una politica fiscale comune e neanche una strategia diplomatica comune, in effetti si muove in maniera sparsa e non sarà difficile per le fabbriche cinesi trovare condizioni economiche favorevoli in nazioni europee ospitanti. La stessa politica economica è deficitaria con i Paesi cosiddetti virtuosi che ci vanno giù pesante con i Paesi ad alto debito pubblico. E questo sarà un altro fattore che impedirà una vera integrazione. Insomma, l’Europa non è l’America e se non si dà una mossa, con una strategia sulla transizione energetica condivisa e vincolante per tutti ma economicamente sostenibile, cadrà inevitabilmente tra le braccia dei produttori cinesi che vantano costi nettamente inferiori.


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