Dirceu, l'indimenticabile formichina

Nel libro di Palladini, la storia del funambolo brasiliano: dai Mondiali ai Dilettanti al calcio a 5, la passione per il calcio di un campione morto troppo giovane
Dirceu, l'indimenticabile formichina
Valeria Ancione
3 min

Di Enzo Palladini, per anni colonna del Corriere dello Sport, conoscevamo la passione per il Brasile. Ben venga quindi questo piccolo gioiellino su Dirceu José Guimaraes, per tutti semplicemente Dirceu, autentico funambolo del calcio verde e oro, morto a soli 43 anni a Rio de Janeiro per le conseguenze di un terribile incidente stradale. Di lui si ricordano le qualità tecniche, il dribbling spiazzante, le prodezze su punizione, il tiro potente da fuori area (quella sberla mancina da lontano che mise nei guai l’Italia e Zoff nella finale per il terzo posto del Mondiale del 1978…), ma anche lo spirito eternamente gioviale e una passione per il pallone senza limiti, cosa che lo portò a fine carriera a giocare un paio d’anni nel campionato Interregionale - l’odierna serie D - lui che poteva vantare la partecipazione a tre campionati del mondo.

Palladini ripercorre con affetto e grande cura per i dettagli la vita e la carriera di “a formiguinha”, la formichina, così era soprannominato - per indicarne la resistenza e la capacità di coprire ogni zona del centrocampo - il campione nato nel 1952 a Coritiba, sbarcato a 27 anni in Europa per disputare tre stagioni con l’Atletico Madrid. In Italia arriva nel 1982, e in Serie A gioca cinque campionati con cinque maglie diverse, Verona, Napoli, Ascoli, Como e Avellino, diventando regolarmente l’idolo dei tifosi.

Poi Dirceu ricomincia a girovagare, Brasile, Stati Uniti, torna da noi per giocare tra i dilettanti con l’Ebolitana - che ha intitolato alla sua memoria il nuovo stadio - e il Benevento, quindi Turchia, Messico e infine non si nega nemmeno una parentesi con il calcio a 5, a Bologna e Ancona.

Tanti gli aneddoti raccontati da Enzo, grazie anche alla memoria di compagni di gioco e cronisti di quegli anni: dall’incontro decisivo con Caliendo, suo procuratore, all’abbraccio tra le lacrime con Maradona, a cui aveva lasciato a Napoli la maglia numero 10, dalla barrette di cioccolato ripiene di cocco grattugiato, di cui era ghiotto, ai tanti palloni che conservava nel bagagliaio della macchina e che era pronto a regalare ai bambini che ne potevano avere bisogno. Sullo sfondo, l’eco di un calcio irripetibile, anche per la nostra Serie A, ricca di campionissimi come mai più è successo. «Un termine per descrivere Dirceu? - risponde Pedrinho, altro ex nazionale, tre anni in Italia con il Catania, alla domanda di Palladini - direi “bondoso”. In brasiliano vuol dire buono ma anche amichevole, cortese, gentile. Vuol dire tutto quello che c’è di positivo. Il mio amico Dirceu era così».

DIRCEU PER SEMPRE, di Enzo Palladini; Edizioni Incontropiede, 153 pagine, 18,50 euro.


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