Più che il tappo saltato all’effervescenza di Lando Norris, più che la prima vera sconfitta dell’anno di Max Verstappen (a Melbourne l’aveva tradito un freno), più che le promesse di felicità della Ferrari – buona competitività in pista e sviluppi in arrivo per Imola –, a impressionarci nel GP di Miami è stato un quarto elemento, ancorché meno vistoso perché superato dagli eventi di gara. Vi pare normale che Charles Leclerc sia stato incollato alla Red Bull di Verstappen dopo aver saltato di netto le prove libere? Perché se la risposta è “sì”, allora dobbiamo dirci con franchezza che le libere siano roba inutile, tempo perso. E chiaramente così non è. Cosa ha dunque permesso a Charles e alla Ferrari di superare l’enorme problema? La risposta è in una sigla di cui si parla più di quanto si sappia: AI, o in italiano IA. L’intelligenza artificiale. Usata per inventare foto inesistenti o diffondere fake news, l’IA in Formula 1 è una cosa terribilmente seria, presente ormai da sei anni. Non uno strumento accessorio ma strategico e cruciale, in rapidissima evoluzione da cinque anni e giunto a maturazione da due o tre, almeno a Maranello. Nel caso della Ferrari è alla base degli ultimi, decisi progressi della Rossa. Seguiteci.
Chi fornisce in Formula 1 l’intelligenza artificiale?
Non esistono fornitori o consulenti esterni: tutto è prodotto in casa, dunque nella massima segretezza. In mancanza di vincoli regolamentari, questa è l’ultima vera frontiera su cui le squadre si muovono (ancora) in totale libertà.
Quante persone si occupano di IA all’interno della Ferrari, e chi guida il gruppo di lavoro?
L’IA all’interno di Maranello ha un nome e un cognome – Marco Adurno – e a occuparsene sono in tre o quattro. Le conclusioni vengono poi allargate all’intero Gruppo di Performance, una ventina di ingegneri, per essere applicate.
Quando si è cominciato?
Nel 2020 con l’assunzione dalla Red Bull di Adurno, milanese, a breve quarantacinque anni. Una figura preziosissima. Agganciato nel 2019, Adurno è riuscito a trasferirsi in settembre e il progetto è stato avviato all’inizio del 2020.
Quali sono stati i progressi?
Due anni sono andati via in sperimentazioni e affinamenti, sicché il piano ha cominciato a funzionare nel 2022, con un grande salto di qualità nella correlazione e nelle relative metodologie di lavoro da metà 2023. I risultati sono apprezzabili da un paio di anni, ma il primo sensibile progresso nelle prestazioni ascrivibile all’IA è stato ottenuto con la SF-24. La vettura di quest’anno è la prima Ferrari competitiva (anche) grazie all’IA.
Quale applicazione trova l’IA?
Serve per azzerare ogni disallineamento tra galleria del vento e pista. Parliamo della famosa correlazione, tanto difficile da trovare: con l’IA si inseriscono i dati più recenti di tutte le simulazioni e della pista, e usando quelli l’intelligenza artificiale individua le starature e indica come intervenire per correggerle. I tecnici adeguano i valori in modo che l’IA – detta in parole grossolane – ne sappia più di prima, e così si riparte verso un nuovo miglioramento. Ciò permette alla Rossa di andare subito forte in pista come se ci avesse già girato fisicamente, e non solo virtualmente. Leclerc lo ha dimostrato in modo preclaro a Miami. Una circostanza mai vista prima.
Come si potrebbe spiegare in estrema sintesi l’uso dell’IA?
L’IA scopre come far funzionare meglio il simulatore, anche se in quel modo non lo ha mai visto funzionare.
Ha mai sbagliato?
No, da quando l’intelligenza artificiale è stata messa a punto non ha mai indicato strade sbagliate nel perfezionamento della correlazione.
Quante squadre la usano?
Tutti i top-team ci provano da anni ma il risultato varia moltissimo tra le diverse squadre, essendo l’IA una tecnologia acerba e sofisticata, nonché in assenza di fornitori esterni.
Chi è più avanti?
Ferrari e Red Bull, difficile dire in quale ordine. Mercedes è ancora indietro: lo conferma la grave mancanza di correlazione tra simulatore e pista, certificata dall’inguidabilità della W15. Inoltre i sistemi di simulazione di Brackley sono meno evoluti rispetto a quelli di Maranello e Milton Keynes, ciò che non aiuta la Stella tedesca.
Esistono altre applicazioni dell’IA in Formula 1?
Sono allo studio. Il prossimo passo consiste in calcoli di simulazione artificiale, tali da indicare gli sviluppi aerodinamici, prim’ancora che questi vadano in galleria del vento. In pratica, sarà possibile mandare in galleria pezzi non solo progettati come avviene adesso, ma anche già sviluppati grazie all’IA. Si tratta però di uno studio estremamente complesso: nelle previsioni attuali, difficilmente si avranno risultati apprezzabili prima di quattro-cinque anni.