Valerio Vermiglio a Giffoni: parliamo di Olimpiadi e Nazionale

Il volley è protagonista della giornata di giovedì 25 luglio, con Valerio Vermiglio. A Giffoni per rappresentare il Team Sport e Salute Illumina, parlerà della sua esperienza da palleggiatore della Nazionale e della sua vittoria dell'argento alle Olimpiadi di Atene 2004.
Valerio Vermiglio a Giffoni: parliamo di Olimpiadi e Nazionale
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Storico palleggiatore della Nazionale, medaglia d'argento alle Olimpiadi di Atene 2004. Un ospite di tutto rispetto per la categoria volley, che sarà protagonista per conto del Team Sport e Salute Illumina. Arriva a Giffoni anche Valerio Vermiglio

Valerio Vermiglio all'Antica Ramiera

"Nel 2000 questo sport non era molto praticato, non c'erano neanche le strutture. Ho cominciato facendo calcio, anche se volevo fare basket. Ho anche corso un po', ma preferivo stare in compagnia. I ragazzi che giocavano erano misti a livello di età. Ho sempre sognato di racocntare le mie esperienze e condividerle in un libro".

Cosa ricorda con più affetto della sua esperienza in Nazionale? "Io ero una cavia, insieme ai miei compagni. Nel 2000 la Federazione di Pallavolo ha introdotto uno psicologo per la squadra, perché si inizò a capire l'importanza delle emozioni e della psicoterapia. Noi eravamo la nuova Nazionale dopo la generazione dei fenomeni: non avevamo niente se non l'essere bravi a giocare a pallavolo. Ci volevano degli esperimenti per migliorare sempre di più. Abbiamo iniziare a chiamare quello psicologo L'esorcista (ride, n.d.r.), perché ci faceva fare esercizi mirati alla creazione di immagini nella nostra mente, inseguendo la sua voce. Ma alla fine ho voluto lavorarci io in prima persona". 

Ha mai perso il focus sui suoi obiettivi? "A ognuno di noi può capire, nella vita quotidiana. Più andava avanti la carriera e più iniziavo ad ottenere delle comodità a livello di vita che diventavano indispensabili. Ma nella maggior parte dei casi è tutto finto, ti distoglie l'attenzione dalle cose importanti. Io mi sono sempre ricordato da dove venivo. Avevo 13 anni quando andai a Treviso, non avevo cellulari e nessuno che mi aiutasse nella scuola. Tutto quel tempo lo passavo in camera, a sognare di diventare il miglior palleggiatore del mondo. Non uscivo, niente discoteche. Volevo rendere i miei genitori fieri di me, per ringraziarli dell'opportunità che mi avevano dato. Era un'obbligo nei loro confronti, poi lo è diventato nei miei e nei confronti degli allenatori. L'unica fede che ti insegnano è la fede nel lusso, ma quella è un'arma che fa perdere. Io non ho mai avuto bisogno di queste cose. La lontananza degli affetti più importanti mi ha fatto restare integro. Ho fatto tanti errori, ma me li sono perodnati in virtù di questo: l'importanza dei valori". 

Infine, qualche parola sulla sua esperienza con il Team Sport e Salute Illumina. "La mia collaborazione con il Team Sport e Salute nasce dalla volontà di far godere i ragazzi dello sport, senza regole che esasperano sia divertente. Le emozioni dello sport devono essere positive. La volontà nasce dal desiderio di tanti dirigenti. L'obiettivo è quello di imparare tramite le nostre storie. Io non avevo la pretesa di saper già giocare, ho imparato. Bisogna raccontare storie che non siano perfette, ma emozionanti. Vogliamo comunicare cos'è veramente un'emozione e come comunicarla".


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