Giffoni Sport, Martin Castrogiovanni: "La mia vita senza rugby? No, non la immagino neanche"

Uno dei protagonisti del rugby più stimati sulla scena internazionale. Uomo chiave della prima linea italiana: Giffoni Sport lo chiama e Martin Castrogiovanni risponde presente, per parlare della sua carriera con gli Sport Ambassador.
Giffoni Sport, Martin Castrogiovanni: "La mia vita senza rugby? No, non la immagino neanche"
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Uno dei piloni destri del rugby più stimati sulla scena internazionale. Uomo chiave della prima linea italiana per quasi quattordici anni con centodiciannove presenze. Stiamo parlando di Martin Castrogiovanni, presente a Giffoni Sport il 20 luglio, per parlare della sua carriera con gli Sport Ambassador

Castrogiovanni: "In Inghilterra l'esperienza più bella della mia vita"

"Inizialmente giocavo a basket e facevo nuoto. Ma quando andavo a scuola vedevo questo gruppo di rugbisti e volevo entrarci anch'io, perché la loro amicizia mi piaceva tantissimo. Un giorno mi hanno sospeso perché ho spinto un arbitro di basket. Mia madre inizialmente non voleva che io giocassi a rugby, ma con la sospensione non poteva che dire di sì".

Sulla sua carriera, Martin ha dichiarato: "Le squadre che ho cambiato sono state molte e varie, ma in Inghilterra ho vissuto l'esperienza più bella della mia vita. Ho giocato in una delle squadre con più storia alle spalle e nel luogo dove è stato inventato il rugby. Questo è impagabile".

Tra gioie e dolori, l'ex rugbista ha anche sperimentato su di sé una brutta malattia, un tumore: "Avevo questo dolore costante alla schiena e non mi controllavano, perché avevano paura che mi fossi rotto in vista del Mondiale. Allora li ho minacciati: ero un giocatore professionista, non era normale avere quei dolori. Ma poi, una volta ricevuta la diagnosi, non mi hanno lasciato solo neanche per un attimo. La cosa positiva è che sono stato forte: non ho mai pensato di mollare, neanche in quel momento. La decisione che ho preso, l'ho presa dopo e per altri motivi". 

A Martin infatti è stato chiesto poi di descrivere le emozioni che ha provato al momento del ritiro: "Ho giocato tante finali e ho vinto un bel po', ma la mia ultima partita con la Nazionale non ha paragoni. Io ho sempre cantato l'inno molto piano, ma quella volta l'ho cantato piangendo, perché era l'ultima volta che correvo su un campo da rugby. Quelli sono momenti in cui ripensi a tutta la tua carriera. Quello che ti manca di più è solo una cosa: lo spogliatoio. Ma ho fiducia nei giocatori futuri, l'ultimo Sei Nazioni è stato il migliore di sempre, bellissimo da guardare".

L'ex rugbista ha poi parlato della sua esperienza in televisione: "Devi essere consapevole di entrare in un mondo che è diverso, a me non disturba. Mi disturba invece aver dovuto lasciare il rugby perché i valori non erano più quelli di prima e non più così forti. Lo sport mi ha insegnato che non puoi lasciare niente al caso, devi impegnarti e devi sempre dare il massimo. Nel nostro sport, a differenza degli altri, ci vuole fiducia. I passaggi nel rugby si possono fare solo all'indietro, tu devi sapere che la tua squadra c'è ed è pronta". 

Infine, una piccola parentesi sulle sue origini: "Io non sarò mai puro. A 19/20 anni sono arrivato in Italia, quindi ho passato 20 anni in Argentina e 23 in Italia fino ad ora. Quando mi hanno chiamato entrambe le Nazionali, non sapevo proprio cosa scegliere. Mi sono preso una settimana per decidere e, poi, il resto è storia. Probabilmente, se non mi fossi mai trasferito, la mia vita non sarebbe così. Sono grato per tutto quello che mi è successo. Chi lo sa cosa sarei diventato se non avessi giocato a rugby. Forse mi sarei dedicato alla musica o alle macchine. Ma non ne sono sicuro: nella mia testa gira solo quello sport. Di una sola cosa sono sicuro e cioè che, qualsiasi cosa avessi fatto, ci avrei messo la stessa passione che ho messo nel rugby". 


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