Lazzaro Felice, recensione del film di Alice Rohrwacher

Presentato al Festival di Cennas 2018, il film ha vinto il premio alla migliore sceneggiatura.
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Poetico, toccante ma anche difficile, arriva in sala Lazzaro Felice, il nuovo film scritto e diretto da Alice Rohrwacher e presentato al Festival di Cannes 2018, dove è riuscito a conquistare il premio alla migliore sceneggiatura.

Lazzaro felice è la rappresentazione della bontà, quella che non riconosce il male, quella totale che spiazza, quella che, nel mondo, sembra essere scomparsa. Alice Rohrwacher decide di raccontare questa purezza attraverso gli occhi di Lazzaro, un adolescente che fa parte di un gruppo di mezzadri che lavorano nella tenuta dell’Inviolata, al servizio della Marchesa Alfonsina De Luna. Disponibile con tutti, gentile e molto ingenuo, Lazzaro sembra quasi “lo scemo del villaggio”, fino a che non incontra Tancredi, figlio viziato e “cittadino” della Padrona. Per il giovane contadino questo rapporto diventa qualcosa di strabiliante, un prezioso legame del tutto nuovo che il ragazzo è intenzionato a coltivare e difendere.

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Il film di Alice Rohrwacher, come il suo protagonista, parla a un animo limpido, senza sovrastrutture, a uno spettatore disposto ad accogliere la bontà assoluta senza sospettare mai il male.


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