ROMA - La soluzione è stata trovata in famiglia: dopo ventitré anni e una staffetta che ha coinvolto tredici allenatori stranieri, stavolta il Chelsea non ha avuto bisogno di chiamare un interprete nel giorno della presentazione. Ha scelto un manager inglese, Frank Lampard, che conosce ogni angolo di Stamford Bridge come i quadri del suo salotto. Nell’estate dell’austerity (mercato bloccato dalla Fifa fino a luglio del 2020 per violazioni sulla normativa del tesseramento di giocatori minorenni), il Chelsea ha cambiato direzione, ha puntato su un nuovo percorso, senza spendere la luna per un guru della panchina. C’è una logica dietro questa decisione di chiamare Lampard, ex capitano, 648 partite e 211 gol in tredici stagioni con la maglia dei Blues. Il presidente Roman Abramovich e la direttrice esecutiva Marina Granovskaia, la “zarina” che si occupa dei conti del club londinese, hanno dato la priorità a un requisito specifico per sostituire Maurizio Sarri: il senso di appartenenza. Dal 1996, dai tempi di Glenn Hoddle, il Chelsea aveva sempre cercato all’estero il suo tecnico.
SENZA HAZARD E DAVID LUIZ - Cresciuto a Romford, sobborgo di Londra, venti chilometri da Charing Cross, Lampard è diventato a giugno la carta a sorpresa, l’invenzione di Abramovich e di Marina Granovskaia, che lo hanno promosso dopo 57 partite da allenatore del Derby County e una promozione in Premier League sfumata in finale il 27 maggio a Wembley contro l’Aston Villa (1-2). Profilo perfetto, nelle riflessioni dell’imprenditore russo, dopo diciotto trofei (cinque titoli in Premier) e oltre un miliardo speso sul mercato in sedici anni: l’uomo ideale per governare un Chelsea giovane, senza più Hazard e David Luiz, in grado di aprire una nuova parentesi (nel segno dell’equilibrio finanziario) all’interno di un percorso cominciato nel 2003, quando Abramovich acquistò la società con sessanta milioni di sterline. Le idee al primo posto, stop alla politica dei grandi investimenti: un’inversione dettata dai paletti imposti dalla Fifa, ma anche dalla necessità di razionalizzare le spese.
5 GIOCATORI DEL VIVAIO - E’ sbocciato così il Chelsea del rinnovamento, nel segno della gioventù: dal difensore danese Andreas Christensen (classe 1996, titolare al posto di David Luiz) alla mezzala Ruben Loftus-Cheek (1996), dal trequartista Mason Mount (1999, rientrato dal prestito al Derby County, 8 gol e 5 assist nello scorso campionato, molto stimato da Lampard, che lo ha allenato nella stagione a Pride Park) all’ala sinistra Callum Hudson-Odoi (2000), uno dei motivi degli strappi nati tra Sarri e i tifosi, che gli rimproveravano di utilizzarlo poco. Tutti cresciuti in casa, proprio come Tammy Abraham, il quinto giocatore a costo zero, che proviene dal vivaio e completa il manifesto di un Chelsea capace di imporsi per due volte in Youth League (2015 e 2016), la Champions baby organizzata dall’Uefa. Abraham è un’altra delle scommesse di Lampard: è un centravanti, ha ventuno anni, è alto un metro e 90, è un destro naturale, è nato a Londra il 2 ottobre del 1997, ma la sua famiglia ha origini nigeriane.
26 GOL NELL’ASTON VILLA - Il Chelsea lo ha riportato a Stamford Bridge in estate, dopo che Abraham aveva fatto la differenza per la promozione in Premier dell’Aston Villa: 40 partite e 26 gol (sei di testa e sei su rigore), uno ogni 126 minuti, secondo nella classifica dei cannonieri della Championship alle spalle del finlandese Teemu Pukki (29 reti con il Norwich). Ora vale venti milioni e ha un contratto fino al 2022. E’ stato Abraham a negare al Derby County di Lampard l’ingresso in Premier e a trascinare l’Aston Villa, allenato da Dean Smith. Un’altra storia, ora progettano insieme il Chelsea in stile british e mercoledì prossimo a Istanbul sfideranno il Liverpool: in palio c’è la Supercoppa Europea, una finale che sarà diretta per la prima volta nella storia dell’Uefa da un arbitro donna, la francese Stephanie Frappart.
VERSO IL DEBUTTO - Abraham parte come riserva di Olivier Giroud, ma ha scelto la maglia numero 9: quella di Fernando Torres, di Drogba, di Higuain. Nessuna soggezione, ha un traguardo: imporsi. Ha radici nigeriane come Faustino Anjorin, l’ultima scoperta del Chelsea: diciassette anni, mezzapunta, un metro e 86, un numero dieci di ultima generazione - potente, rapido, elegante e concreto - che incanta con i suoi dribbling nella squadra baby e nella nazionale inglese Under 18 (4 gol in 7 presenze), guidata da Neil Dewsnip. Gli allenatori che lo hanno conosciuto nell’Academy, gli hanno pronosticato tutti un futuro da copertina. E martedì si è presentato con una doppietta allo Swindon Town (3-2) nella Coppa di Lega riservata alla categoria Under 20. E’ nato a Poole, nel Dorset, a un quarto d’ora di macchina da Bournemouth, il 23 novembre del 2001. Ha già firmato il suo primo contratto da professionista fino al 2022. E prenota il debutto nel Chelsea: Lampard lo aspetta.