Branchini: "Difendono il calcio dopo averlo comprato"

Il procuratore che portò Ronaldo all'Inter, parla di Uefa, Fifa e Superlega
Giorgio Marota
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Ventiquattro ore dopo la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, arriva la sentenza di Giovanni Branchini: «Il calcio non è in vendita? Perché, l’hanno comprato Uefa e Fifa? E quando?». Rito abbreviato, pronuncia per direttissima e senza filtri. Ceferin e Infantino sono da tempo nel mirino degli agenti, i quali si sentono schiacciati da un nuovo regolamento calato dall’alto che impone loro un tetto alle commissioni fissando un limite ai mandati. A Zurigo, con la complicità di Nyon, lo hanno approvato senza coinvolgerli: secondo le istituzioni, i procuratori fanno parte della famiglia del calcio solo quando devono rispondere delle cifre a sei zeri che incassano. Branchini, 67 anni, è un riferimento per tanti suoi colleghi, anche nelle battaglie per i diritti della categoria. Non a caso, è l’uomo che portò all’Inter Ronaldo il fenomeno e, di recente, ha piazzato un altro colpo: Zirkzee al Bologna.

Partiamo da qui. Il nuovo fenomeno Joshua.

«Un giocatore speciale, unico per caratteristiche, che ho conosciuto quando aveva 16 anni e di cui ho apprezzato la capacità di resistere anche quando ha rischiato di bruciarsi».

È già passato da una tappa di maturazione così importante?

«Diciamo che ha perso qualche giro di valzer. È sempre stato uno da Bayern, ma è dovuto andare all’Anderlecht per rilanciarsi. Poi è rientrato alla base e non si è più fermato».

Perché il Bologna?

«Mi sono sentito di spingere questa candidatura perché Sartori e il club stravedevano per le qualità del ragazzo. Il Bayern non vende mai i migliori, è stata dura. Al Parma, nella sua prima esperienza in Italia, non era riuscito a rubare l’occhio e la trattativa si è un po’ complicata per le richieste del suo agente. Ma alla fine è andata in porto per 8,5 milioni e con la possibilità per i tedeschi di mantenere una percentuale sulla rivendita oltre a un’opzione in caso di cessione».

Oggi piace al Milan, alla Juve e a tante altre big. Un po’ tardi, non crede?

«Era difficile non accorgersi del suo talento. Ma più che i demeriti di qualcuno, riconoscerei i meriti del Bologna».

Quanto vale Zirkzee?

«Se entrasse nel mirino delle inglesi anche 50-60 milioni. Per le qualità che ha, non ha prezzo. Gli consiglierei però di continuare a maturare a Bologna: è un ambiente ideale per lui».

È più un nove o un dieci?

«Un nove e mezzo, capace di cantare e portare la croce».

La porta pure Allegri, suo assistito?

«Max, a proposito di croce, è uno che non può mica trasformare l’acqua in vino. Ha una sensibilità al calcio che considero non comune».

Quindi niente miracolo-scudetto a Torino?

«Sta dando alla squadra concretezza, efficacia, compattezza, equilibrio difensivo e armonia. Ma non può intervenire sul talento e sulla tecnica dei singoli. Ci sono terreni coltivabili e altri no. In quello che fa è fenomenale e ha ragione quando dice che la Champions è l’obiettivo».

Continuerà ad accettare questo ruolo anche in futuro?

«Il futuro è l’ultimo dei suoi pensieri. La Juve ha rinnovato la sua struttura societaria, sta crescendo. Di sicuro Allegri non ha chiesto acquisti per gennaio perché punta su questo gruppo».

La sentenza sulla Superlega era prevedibile?

«È l’ennesima sconfitta di Uefa e Fifa. In un mondo normale, un minuto dopo i grandi capi avrebbero dovuto dire “scusateci, sediamoci a un tavolo e parliamo”. Invece vanno avanti, imperterriti, nonostante il caos che si sta generando. Immaginavo che un giudice terzo potesse riconoscere l’abuso di posizione dominante e la mancanza di concorrenza leale. Ma già da ieri è scattato il sistema dei ricatti».

È un colpo tale da spazzare via le istituzioni come le conosciamo?

«Il calcio ha bisogno di Uefa e Fifa, ma con un approccio diverso e più collegiale nella risoluzione dei problemi». 

A proposito di diritti e giustizia, vede similitudini con il nuovo regolamento agenti?

«Quello che i tribunali di tutto il mondo stanno bocciando e che l’Italia finge che non sia un problema per non offendere i potenti?».

Proprio quello.

«Le similitudini con la sentenza Superlega sono tristi e palesi. C’è incertezza e così il mercato è fortemente condizionato. Nel nostro Paese c’è una legge scritta bene e non si capisce perché si dovrebbe recepire un regolamento che ha mille falle. La categoria degli agenti, al netto di “associazioni fake” di facciata, non è stata coinvolta. Se in questi cinque anni le istituzioni avessero fatto rispettare le norme, provando a salvare i talenti e il futuro del calcio, non ci sarebbe stato bisogno di questo regolamento».


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