Tonino Doino, l'intervista: "Più opportunità per i nostri talenti"

Il patron italo-statunitense della Roma City sogna una grande Serie D: "Playoff allargati che premino chi vince alla fine. Basta seconde squadre in C. Il sistema non regge"
Tonino Doino, l'intervista: "Più opportunità per i nostri talenti"
Tullio Calzone
6 min

Presidente Tonino Doino, cosa pensa del calcio italiano dopo due anni da dirigente?
«La difficoltà maggiore è stata quella di rapportare il nostro sistema a quello statunitense. Io vivo da 40 anni negli Stati Uniti, dove sono arrivato da immigrato e dove ho avuto modo di apprezzare la straordinaria cultura sportiva americana che trova nei playoff il momento di compimento. Per i tifosi sono tutto».

Ma anche noi li abbiamo e i campionati ne hanno beneficiato. 
«Sì, ma in Italia non hanno la stessa rilevanza dell’America dove è stato incrementato il sistema. Invece da noi, almeno in Serie D, i playoff non garantiscono una ricompensa a chi li vince. E questo determina minor interesse rispetto agli Stati Uniti». 

Come migliorerebbe il format? 
«Chi arriva primo nella stagione regolare è promosso. Ma dovremmo garantire altre promozioni. Attireremmo così più tifosi e dovremmo vietare che si vada in C senza vincere sul campo. Se non si accede al professionismo per merito, i playoff diventano inutili. E indeboliscono il sistema».

Quindi niente seconde squadre? 
«Il proliferare di seconde squadre nel giro di poco tempo rischia di diventare un serio problema per l’esistenza stessa della nostra Lega. Immaginiamo cosa accadrebbe se tutte le squadre di A usufruissero di questa possibilità. Il fondamento del nostro ordinamento sportivo deve restare il merito. Altrimenti si genererà sfiducia da parte di appassionati e investitori». 

Ma il calcio va sempre più verso un proliferare di eventi internazionali. Non è una visione controcorrente la sua? 
«Assolutamente no. Anzi, proprio per questa ragione bisogna difendere le competizioni domestiche. Quelle che sono più radicate sul territorio di un Paese bellissimo. Altrimenti il calcio nelle piccole realtà smetterà di esistere. Nessun proprietario di club vorrà più spendere centinaia di migliaia di euro per vedere promossa una squadra che non ha mai gareggiato. Inoltre, valorizzare calciatori per la società madre non è affatto detto che avvenga a beneficio dei giovani italiani. Già le Primavere delle società di A sono piene di stranieri. Se ci teniamo al nostro torneo, ai nostri investitori, ai nostri giovani e, soprattutto, alla capacità della nostra Nazionale di competere a livello mondiale, dobbiamo pretendere che questa pratica venga interrotta».

Cosa propone concretamente? 
«Immaginerei un format con playoff in cui altre tre squadre arriverebbero alla promozione in C. I 9 gironi di Serie D potrebbero essere raggruppati in tre fasce per gli spareggi. Le squadre che si piazzano dal 2° al 6° posto e le tre migliori squadre al 7° posto accederebbero ai playoff».

Un torneo a fine torneo? 
«Con 48 squadre si darebbe vita a una competizione di 4 turni dove l’unico vantaggio per le squadre con più punti sarebbe giocare in casa. Senza i calcoli e i punteggi attuali. Non si andrebbe avanti con un pari ma solo con una vittoria diretta. O eventualmente dopo i rigori». 

Lei ha parlato di altre criticità in Serie D. Ci spiega meglio? 
«L’attuale sistema dei playoff non sono il problema principale che la nostra Lega dovrebbe, a mio avviso, affrontare. Bisognerebbe valorizzare realmente i giovani creando delle opportunità. Gli italiani non arrivano più a giocare in A e la Nazionale ne patisce le conseguenze. Se non abbiamo partecipato al Mondiale per due volte, vuol dire che abbiamo ripetuto errori gravi».

Cosa propone concretamente? 
«Far giocare in Serie D solo tre giocatori under non è sufficiente. Suggerisco che 8 elementi di 20 anni o anche meno debbano essere sempre in campo. Le nostre squadre passerebbero da 6 a 20 giocatori. Ciò triplicherebbe il numero di ragazzi utilizzati. E la Serie D diventerebbe una palestra per il nostro calcio». 

Non si creerebbe un sistema che alimenta illusioni e disoccupati? 
«Non credo. Chi ha talento e merita di arrivare avrebbe più possibilità. E la competizione per ingaggiare i giocatori fuori età, oggi così costosa, si spegnerebbe subito. Oggi si è costretti a dover pagare tanto e le nostre attività diventano insostenibili. E a rischio». 

Dunque mutuerebbe dal sistema USA anche il salary cap? 
«Giusto introdurre un tetto salariale per i compensi ai calciatori e ai tesserati. È questa la ragione del successo delle Leghe sportive degli Stati Uniti. Un tetto salariale facilita l’uguaglianza, più squadre possono competere per vincere. Se un risultato è contendibile, attira fan, crea profitti e meno club sono insolventi».

Ma non crede che attorno ai giovani ci sia troppa retorica?
«Forse sì, ma c’è chi ci crede davvero. Poi ho notato nello staff tecnico e nei genitori una certa contrarietà al fatto che i giovani giochino in prima squadra perché non ancora pronti fisicamente. Io non sono d’accordo». 

È anche un fatto di sicurezza? 
«I nostri ragazzi sono coccolati e protetti, da cosa non so. Io sono cresciuto per strada in una borgata di Roma e giocavamo tutto il giorno. Io e mio fratello Paolo, specialmente lui, lo scorso anno, abbiamo seguito molto i ragazzi della juniores e ci hanno dato soddisfazioni. Ho chiesto loro cosa avrebbero voluto fare da grandi. E tutti mi hanno risposto: i professionisti». 

Il calcio è sogno, presidente. 
«Certamente. Quelle risposte dimostrano, tuttavia, che la voglia di arrivare c’è. I nostri giovani hanno accettato di fare un allenamento in più a settimana, ottenendo così risultati. Anche grazie a un ottimo giovane allenatore come Giacomo Buttaroni e del suo vice Andrea De Macchi. Di quel gruppo ne abbiamo inseriti 4 in prima squadra. E in futuro vogliamo promuoverne 6. In Italia non manca il talento, mancano le opportunità».

E lei è pronto a offrirne nel suo Riano Athletic Center.
«Certo. Anzi, lancio un appello a tutti i migliori giovani italiani e non italiani con permesso di soggiorno regolare del 2006/2007/2008: il Roma City FC e disposto a valutarli tutti. Ci mandino i loro curriculum li faremo seguire dal nostro scouting». 


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