Mimmo era rientrato dall’infortunio per dare una grossa mano alla squadra piccola ma grande alla quale ha legato l’intera carriera rinunciando più volte a gloria e milioni, ma è finita in lacrime.
Il tendine d’Achille, stavolta. L’anno orribile di Domenico Berardi stordisce una delle società più virtuose della serie A, capace negli anni di ritagliarsi uno spazio decisamente superiore alle dimensioni, e non è affatto un caso che l’assenza del giocatore di riferimento, il migliore in assoluto, coincida con il rischio della retrocessione.
Berardi rappresenta una anomalia per la categoria: per più di un motivo - qualcuno ha tirato fuori il discorso dei limiti caratteriali: una stupidaggine - ha scelto di piantare la bandiera su un pianeta minore e per questo merita il rispetto e l’ammirazione degli appassionati.
Quanto alla reazione del Bentegodi di fronte al dramma di Berardi preferisco risolverla con poche parole: ci sono situazioni in cui lo stadio riesce a essere - volutamente o meno - un luogo indecente. Le lacrime non sono argomenti: ma se non avessi rivolto un pensiero e un augurio a Berardi non me lo sarei perdonato.