I portieri sono Svilar e Ryan; i difensori, Angelino, N’Dicka, Hummels, Hermoso, Abdulhamid, Celik, Mancini, Dahl e Sangaré; i centrocampisti, Cristante, Pellegrini, Paredes, Koné, Soulé, Le Fée, Baldanzi, Saelemaekers, Zalewski e Pisilli; gli attaccanti, Dovbyk, Dybala, Shomurodov e El Shaarawy. In lista sono presenti - e fanno numero - anche Renato Marin, Federico Nardin e Lovro Golic, ovvero un portiere e due difensori molto under 22.
Questa è la Roma che domenica 15 ripartirà da Genova e da due punti su 9, ma anche da un pari a Torino con la Juve. È un gruppo sensibilmente rinnovato, migliorato dietro con gli arrivi di Hummels e Hermoso che offrono a De Rossi la possibilità di cambiare tanto gli interpreti quanto le linee: il tedesco ha preso la residenza nella difesa a 4, mentre lo spagnolo può giocare solo a tre.
In mezzo Koné è una figura che mancava sul piano del dinamismo e della cilindrata, così come Saelemaekers: il belga garantisce strappi e qualità sulla fascia sinistra dove se la giocherà con El Shaarawy. Dovbyk è la novità dell’attacco, il centravantone che nelle intenzioni dovrà occupare più o meno stabilmente l’area di rigore. Mentre Soulé è alternativo a Dybala e non chiedetemi chi preferisco perché la risposta è scontata.
Matias è costato tanto, ha colpi e freschezza, deve crescere e soprattutto dimostrare di aver familiarizzato con l’alto livello. Tra mille difficoltà, grovigli mercantili e qualche imprevisto (il no di Paulo all’Arabia, la più bella notizia dell’estate) Lina e Ghisolfi hanno cercato di consegnare a De Rossi una squadra robusta e con più soluzioni, senza peraltro trascurare l’aspetto della riduzione del monte ingaggi.
In partenza la Roma resta tuttavia dietro a Inter, Milan, Juve e Napoli, se la gioca con l’Atalanta e ha qualcosa in più di Lazio, Fiorentina e Torino. Per numero di gol, intuizioni e assist Dybala resta unico. Stimando Lina e De Rossi dubito che - sempre a proposito di condizionamenti - il rinnovo del contratto per un’altra stagione che scatterà al raggiungimento del 50% delle presenze di 45 minuti nei tre anni possa indurre la società a limitare l’impiego dell’argentino e l’autonomia dell’allenatore. Fatti due calcoli, il confine è fissato tra la dodicesima e la diciassettesima presenza.
Ma tra uno sbaglio e un colpo di genio il confine è sottile.