Superbonus Dybala: sul più bello svanisce

Leggi il commento sull'argentino, costretto ad uscire alla fine del primo tempo di Lazio-Roma
Superbonus Dybala: sul più bello svanisce© LAPRESSE
Marco Evangelisti

È faticoso vivere così, come un figlio delle Generazione Z, derubato delle sicurezze, privato dei punti di riferimento, addestrato a lavorare per mantenersi e mantenuto in un limbo senza lavoro. Fa un’impressione simile la Roma nell’attuale versione, appesa alla generosità del destino, costretta a recitare preghiere nel vuoto, a correre fino a sfibrarsi solo per restare nello stesso posto, come la Regina Rossa incontrata da Alice al di là dello specchio. Le hanno dato Dybala. Ad altri hanno dato il superbonus, che a un certo punto svanisce e ti lascia con i lavori a metà e i debiti da pagare. La Roma finché Dybala sorveglia la regione superiore del campo somiglia a una squadra. Quando i muscoli del non più ragazzo cominciano a rendere l’anima sembra un mozzicone edilizio, una costruzione non finita che lentamente soffoca nella natura circostante, e sparisce.


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Roma senza Dybala e con uno stanco Lukaku

Logico. Da che calcio è calcio, non esiste squadra in grado di fare a meno di calciatori che prendano il pallone e sappiano portarlo oltre il confine, di dribbling o di lancio, di passaggio o di forza. Senza Dybala, e prescindendo da uno stanco Lukaku che riesce di quando in quando ad assorbire il gioco, tenere occupati i difensori e distribuire ordini eseguibili, resta troppo poco. In mezzo all’equilibrio e alla vivacità della Lazio, affilata dalla parte di Zaccagni e vorticosa nella zona di Guendouzi, non è stato divertente lo spettacolo di passaggi a cinque metri sbilenchi, allunghi buttati nella nebbia, tentativi di saltare l’uomo regolarmente abortiti. Questi ultimi pochi, per fortuna: nell’esercizio più naturale e basico del calcio i romanisti neppure si cimentano più. Sanno che è inutile. Allora c’è poco da meravigliarsi. Da anni la Roma soffre di cronica carenza di qualità, assemblata com’è con brave persone che prese una per una probabilmente darebbero caratteristiche e sostanza a un complesso già di per sé solido, ma messe insieme forniscono il quadro di una coperta corta e rappezzata. I rinforzi ingaggiati via via per cambiare la situazione, cominciando da Dybala, purtroppo sono superbonus che vanno e vengono: c’è sempre il pericolo che vengano cancellati al momento sbagliato. Sintetizziamo: se s’inseguono livelli alti, è una squadra da rifondare. Buona fortuna a Mourinho, che comunque vada deve tentare di rimettere in piedi questo castello di carte esposto a tutti i venti.


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È faticoso vivere così, come un figlio delle Generazione Z, derubato delle sicurezze, privato dei punti di riferimento, addestrato a lavorare per mantenersi e mantenuto in un limbo senza lavoro. Fa un’impressione simile la Roma nell’attuale versione, appesa alla generosità del destino, costretta a recitare preghiere nel vuoto, a correre fino a sfibrarsi solo per restare nello stesso posto, come la Regina Rossa incontrata da Alice al di là dello specchio. Le hanno dato Dybala. Ad altri hanno dato il superbonus, che a un certo punto svanisce e ti lascia con i lavori a metà e i debiti da pagare. La Roma finché Dybala sorveglia la regione superiore del campo somiglia a una squadra. Quando i muscoli del non più ragazzo cominciano a rendere l’anima sembra un mozzicone edilizio, una costruzione non finita che lentamente soffoca nella natura circostante, e sparisce.


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