Scomparso il sole, risorge Dybala

Ugo Trani
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La luce, come ultimamente la chiama Mou, si è accesa al tramonto dell’ultima domenica del campionato prima della sosta mondiale. Proprio mentre si stava chiudendo il sipario delle 21 partite stagionali dei giallorossi. Con la Roma scomparsa e fischiata dai suoi tifosi ai quali più del diciassettesimo sold out consecutivo non è proprio possibile chiedergli. Ancora 0-1 all’Olimpico, sarebbe stato il quarto ko interno con lo stesso risultato dopo quelli contro l’Atalanta, il Napoli e la Lazio. Anche il Torino, quando ormai era buio, stava facendo il pieno davanti ai sessantaduemila che non sanno più che cosa pensare di questa squadra spenta e fragile, vuota e sterile. Semplicemente perdente. Ma, scomparso il sole, risorge Paulino. Tocca a spingere sull’interruttore e riaccendere la speranza di poter mettere in classifica almeno un punto prima dello stop del torneo (solo 10 nelle prime 7 gare casalinghe: fece peggio 15 anni fa, nel campionato 2005-2006, con 8).

Dybala entra al minuto 24. Ne avrà 21 più 5 di recupero per far capire quanto la sua assenza abbia pesato sul rendimento della Roma nelle ultime settimane. Era uscito di scena, il 9 ottobre, calciando il rigore contro il Lecce, decisivo per la vittoria. Sono quelli gli ultimi punti raccolti all’Olimpico dai giallorossi prima del pari conquistato ieri pomeriggio al fotofinish. Un risultato con il timbro dell’argentino che adesso andrà in Qatar con la sua Selecciòn. Solitario di Paulo davanti al Torino: è andata proprio così. Triste, per certi versi, ma vero. «E’ stata un’altra partita negli ultimi venti minuti» ammetterà poi Mourinho. Con una smorfia. Che ha un significato: adesso ditemi che non avevo ragione a rimpiangere l’unico calciatore della rosa che fa la differenza.

José è andato sul sicuro in quella fase del match. Nessun dubbio a metterlo contro quel Torino compatto, sporco e cattivo. E meritatamente in vantaggio. Paulino entra in souplesse. Come fosse in allenamento. Aspetterà quasi un quarto d’ora prima di battere un corner. Deve scaldare i muscoli. Ha comunque il mancino caldissimo. In quei 21+5 minuti appoggia sul prato dell’Olimpico la brochure con il meglio del suo repertorio chic, chiamando la palla per togliere ogni pressione ai compagni. Sono solo carezze. Vuole far coraggio alla squadra in piena crisi d’identità, coccolandola nel momento cruciale e complicato della sfida. Dybala semina e raccoglie. Trova il tempo anche di essere ammonito quando protesta in attesa del recupero: l’arbitro Rapuano non gli fischia il fallo evidente al vertice dell’area. Il direttore di gara di Rimini non potrà invece ignorare l’entrata maldestra di Djidji. Paulo zoppica e lascia il rigore a Belotti. Il Gallo lo sbaglia, colpendo il palo. L’argentino si rimette in piedi e va a calciare di sinistro. A giro come solo lui sa fare. Traversa e gol a porta vuota di Matic. Ora Paulino può partire più sereno. José, aspettandolo nel nuovo anno, deve pensare ad altro. C’è da riassemblare la Roma che non può dipendere solo dal suo campione. E’ sesta con l’Atalanta: a gennaio dovrà rincorrere la Champions.


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