Ranieri non merita una sconfitta del genere. Non merita un secondo tempo come quello di Como. Non merita le prestazioni di Celik, Le Fée, Hermoso, Dovbyk, Soulé e ci aggiungo gli altri, tutti - escluso Koné - abbondantemente sotto la sufficienza.
La rete di Alessandro Gabrielloni, 30 anni, una carriera trascurabile tra la C e la B, è in fondo la giusta punizione a una squadra che dopo una mezz’oretta s’è dimenticata di giocare.
Como-Roma non è stata una partita, ma un paradosso, certificato dall’esultanza in tribuna di Keira Knightley e Michael Fassbender (Adrien Brody non è stato inquadrato al momento del gol) ai quali hanno dovuto segnalare che il Como aveva appena trovato il vantaggio: non se n’erano accorti, presi com’erano dalle chiacchiere su Hollywood e scioperi, immagino.
Se n’è accorto invece Ranieri, ancora impegnato nella fase di esplorazione e conoscenza del gruppo - oramai li ha visti tutti in azione - , in questo che può essere considerato il terzo precampionato nel campionato.
Se tuttavia dovessi indicare un aspetto positivo, la risolverei con la possibilità di partire da una prova del genere per produrre una sintesi e tentare di cambiare qualcosa: Abdul è simpatico, non ha fatto malissimo prima di spegnersi, ma non può essere l’esterno destro di una squadra che ha qualche ambizione e molte urgenze; Celik è da tempo uno strabocciato mandato in campo per disperazione; Hermoso e Le Fée si prendono troppi rischi per quella sorta di arroganza che prevale nei giocatori eccessivamente sicuri dei propri piedi; Angeliño è una buona riserva; Dovbyk deve provare a tenere almeno un pallone, vincendo anche qualche duello aereo: al momento è più biscia che boa.
Anche Dybala non ha fatto granché, stavolta: ma per tentare di prosciugare la fonte della qualità della Roma gli avversari sanno perfettamente cosa fare.
Alla fine Ranieri ha ammesso che il Como ha avuto più voglia di vincere. Giustissimo e fin troppo evidente: il guaio è che a gennaio non si può acquistare la mentalità di Sofia Goggia o Federica Pellegrini: non è più in commercio e, se lo fosse, costerebbe uno sproposito.