Roma, il giorno della vergogna

Leggi il commento del direttore del Corriere dello Sport - Stadio
Ivan Zazzaroni
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Doveva capitare proprio a me - bolognese tifoso del Bologna - celebrare sul giornale sportivo della capitale il funerale di una Roma - non della Roma - finita sul campo dai gol di Castro, Orsolini e Karlsson; la morte di una non-idea, di una non-gestione, di un modo di fare calcio che non ha più ragione di essere.

Respiro tutto lo spiazzamento e la disperazione di un popolo. E allora spero che qualcuno mostri ai Friedkin il volto dei loro errori, il risultato tangibile delle loro continue e incomprensibili assenze. Che non è quello di Juric. Ma di un ragazzino, inquadrato dalle telecamere dell’Olimpico, talmente stordito da non riuscire nemmeno a piangere. O quello di un cinquantenne che al 3-1 di Dallinga, poi annullato per un tocco di mano dell’olandese che in campionato non aveva ancora segnato, si guarda attorno inseguendo un perché che rifiuta.

Non servono le parole urlate, oggi, o i titoli sparati: potrebbero innescare negli americani nuova irritazione e altri errori, e non la riflessione che porta alla soluzione.

Dallo scorso giugno i Friedkin non ne hanno infilata una: mi torna in mente lo sconcerto di Mourinho quando, dopo la finale di Europa League e una visita-lampo di Dan a Setubal, rimase un’ottantina di giorni, per la precisione ottantatré, senza un solo contatto con la proprietà. In tanti anni una cosa simile non gli era mai capitata.

Il calcio è presenza, partecipazione anche emotiva, è responsabilità, per il romanista è una religione: non è un’azienda normale, è un fenomeno sociale che pretende attenzione, cura, soprattutto nei momenti di difficoltà. Perché sa essere spietato e riservare il peggio anche a miliardari illuminati dalla luce dei loro successi imprenditoriali. Il calcio non guarda in faccia a nessuno.

Ora chiedo: chi sceglie il prossimo allenatore? Chi, in questa Roma, ha le conoscenze e la necessaria competenza per poter decidere con oculatezza e precisione la guida tecnica in grado di restituire serenità e dignità alla squadra? Un altro algoritmista come Charles Gould? O un’organizzazione come Caa che possiede le due maggiori agenzie di procuratori al mondo?

I Friedkin devono restare, ci mancherebbe, provino però a scendere sulla terra: la Roma non si gestisce da un aereo.

PS. Lampard no, grazie: c’è la B da evitare.


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