Roma, restano solo le favole

Leggi il commento all'esordio casalingo dei giallorossi. Nella notte di Dybala, l'Empoli si impone 2-1
Roma, restano solo le favole© LAPRESSE
Marco Evangelisti
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Tre anelli ai re degli elfi sotto il cielo che risplende è stata la prima cosa che ci è venuta in mente quando abbiamo visto l’Olimpico illuminarsi, le canzoni risuonare e la sera diventare per qualche minuto, fino al bagno di realtà firmato Empoli, una festa a lungo attesa e degna del Signore degli Anelli. Sarà perché dopo settimane passate a ciarlare di clausole di risoluzione, costi a bilancio, percentuali di rivendita avevamo bisogno di immaginario e allora niente batte quel verso piazzato all’inizio di uno dei libri che hanno costruito il paesaggio simbolico del Novecento. Tenetevi le ghiande, lasciateci le favole tipo quella della Roma e di Paulo Dybala e del viaggio a Oriente che non ci fu mai. Se poi a qualcuno la parola favola fa senso, definisca pure questa storia con i termini che preferisce: epica, mito, farsa, comédie humaine, come vi piace. Vediamo uno stadio che si alza in piedi ad applaudire, una mezza città eterna con il cuore che si squaglia e tanto ci basta per sentirci bene. Almeno fino a domani, ed è abbastanza. Per noi. Per la Roma, esattamente come nel romanzo, dopo la festa cominciano i pessimi presagi (Solbakken), gli incubi (Fazzini), le minacce letali (Gyasi), il lungo viaggio verso l’ignoto, la tenebra degli sbandamenti nervosi, la percezione di impotenza, il panico di sentirsi sola in un mondo trasformato e di colpo sconosciuto. Troppe teste sul mercato, pochi piedi nuovi e buoni in campo. Il centrocampo iniziale è lo stesso della scorsa stagione: pigro, pesante e incapace di accelerazioni.

Il dilemma strategico di De Rossi è lampante. Un po’ per amore e un po’ per forza deve provare a metter dentro Dybala e Soulé insieme, altrimenti non ci sarebbe traccia di miglioramenti in una squadra da tempo prosciugata di risorse tecniche che si spingano oltre una sonnolenta mediocrità. Ma in questo modo espone la difesa, già di suo tutt’altro che a prova di proiettile, agli inserimenti, alle verticalizzazioni e ai cambi di gioco. Ci sono molti modi per affondare nelle linee tenere della Roma e una squadra rapida e abituata alle tempeste come l’Empoli li conosce tutti. De Rossi non è uno che dorme o che si limita a recitare sceneggiature altrui. All’idea basilare di togliere semplicemente uno tra Dybala (peraltro particolarmente sonnolento per una buona metà della gara) o Soulé ha sostituito un’idea originale di rifacimento dell’assetto, con il cambio tra Celik e Zalewski. E poi con la riscrittura totale della squadra dopo il rigore di Colombo. Va bene: ha dimostrato di pensarsi un allenatore genuino e si è guadagnato il diritto a essere considerato tale. Resta però il fatto che le sue invenzioni (non tutte condivisibili: perché rinunciare all’unico elemento dinamico del centrocampo, cioè Le Fée?) appaiono mosse emergenziali, esperimenti condotti con la folla inferocita che preme alla porta del laboratorio.

La sua Roma ha poca qualità, ancor meno frenesia salvo recuperarla a partita ormai scaduta, equilibrio precario, povertà di soluzioni. Finora la rotta alternativa tracciata in estate, tra ringiovanimento e ricerca di giocatori affamati di gloria, non sembra portare da nessuna parte. Dimostrazione volante e plastica: la chiamata in soccorso dei riservisti messi in lista per la cessione, dallo stesso Zalewski a Shomurodov. Persino con qualche successo. Dovbyk sino a questo momento ha mostrato la ferocia di un passerotto e l’agilità di un San Bernardo. Tre pali colpiti non salvano la Roma dal primo, netto giudizio negativo in questo avvio di stagione. E non si troveranno tre anelli in grado di restituirle la magia perduta. Tre acquisti ben fatti invece potrebbero consegnarle un futuro. Altrimenti bisognerà accontentarsi delle favole.


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