Quante volte ho già visto situazioni simili, quante volte con Roberto Baggio, scaricato dalla Fiorentina, poi dalla Juve, poi ancora dal Milan, dall’Inter e infine dal grande calcio. Non a caso si rifugiò felicemente a Brescia, che non è in Arabia. Quante volte il talento è stato considerato superfluo e troppo costoso dal nostro calcio che da anni ne è drammaticamente privo.
Anche per Paolino Dybala momenti tormentati come questo non sono una novità: alla Juve - che a dicembre 2021 era pronta a garantirgli uno stipendio da 9 e passa milioni netti - gli furono voltate le spalle nel giro di poche settimane: soltanto grazie a Mourinho e ai Friedkin, riuscì in seguito a trovare una casa degna della sua qualità. E stiamo parlando del realizzatore più importante del campionato, di un assistman come ce ne sono pochi, ma anche - non posso negarlo - di un giocatore che nelle ultime due stagioni ha subìto numerose interruzioni di energia per problemini, botte alle caviglie e timori di rotture.
Non mi permetto di entrare nei conti della Roma, non mi riguardano e sono convinto che Lina Souloukou - alla quale il coraggio non manca - sappia farli molto bene. Né mi interessano le pressioni che la società potrebbe esercitare su Paulo: anche queste non sarebbero una novità per lui (Paratici non era certo una mammoletta). Specie in questo periodo, poi, sono diventate pratiche fin troppo comuni a più di un club.
Detto che a uno come lui non rinuncerei mai, ma anche che non sono io a pagarlo, per il rispetto che si deve ai tifosi che sottoscrivono abbonamenti di varia natura, mi auguro che se Dybala dovesse decidere di andare nella Saudi Pro League, emerga la verità e prevalga l’onestà. In altre parole: se è lui a voler partire per soldi lo dica e deresponsabilizzi il club, di fronte a 60 milioni il grado di comprensione del popolo è elevato; se invece fosse la Roma a volersi liberare economicamente di uno stipendio ritenuto pesantissimo per investire su Soulé, sarebbe opportuno che la dirigenza lo chiarisse. Tanto il giudice ultimo resta sempre il campo. E certi dolori si possono comunque assorbire: la vita ne offre di peggiori.
Dimenticavo: le partite le guardavo per Baggio e dal 16 maggio del 2004 ho faticato a seguirle con lo stesso trasporto. Non era più domenica fino a quando non è apparso il sinistro di Paolino.