Roma, a Trigoria si cambia: addio al ministero

Restyling non senza traumi, ma con una netta inversione di rotta. Meno costi, meno dipendenti e il bilancio ora inizia a respirare
Giorgio Marota
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A Roma, la capitale di una Repubblica democratica fondata sulla burocrazia, ci sono quindici ministeri. Il sedicesimo aveva come sede Trigoria, con tanto di costosissimo distaccamento nell’elegante quartiere dell’Eur. L’apparato giallorosso è somigliato per tanto tempo a un mostro a tre teste e i Friedkin se ne sono accorti da subito: quando a gennaio del 2020 avviarono la due diligence sui conti del club prima di rilevarlo da Pallotta, rimasero inorriditi dalla sperequazione di risorse. Con la pandemia la situazione si è ulteriormente aggravata, anche a causa di scelte dirigenziali discutibili, finché non è avvenuta una decisa sterzata. Da un anno a questa parte, la Roma sta seguendo un’altra rotta.  

Roma, ottimizzare le spese: ecco il piano 

La manager greca Lina Souloukou sta tentando di allontanare la nave giallorossa da una pericolosa deriva. L’hanno chiamata «tagliatrice di teste», ma sarebbe più corretto parlare di «ottimizzatrice di risorse». Che poi è quello che qualsiasi Ceo dovrebbe saper fare: far scorrere gli investimenti nel verso giusto, ridurre gli sprechi, evitare insomma di buttare i soldi. Quanto avvenuto nella Roma, forse in modo un po’ traumatico tramite licenziamenti e allontanamenti decisi in modo unilaterale, sta avendo effetti balsamici per il bilancio. Al punto che la società in questa finestra di mercato non è stata più costretta a rincorrere la fatidica data del 30 giugno per chiudere delle plusvalenze. Ne citiamo alcune recenti: Kluivert al Bournemouth per 10,8 (plusvalenza di 8,7), Volpato al Sassuolo per 7,5 (plusvalenza di 7,4), Tahirovic all’Ajax per 7,5 milioni (plusvalenza di 7), Afena-Gyan alla Cremonese per 6 (4,9). Nel bilancio al 30 giugno, chiuso con un rosso pari a 102,8 milioni, è cresciuto il fatturato (277,1 milioni) e i costi sono diminuiti da 402,4 a 348,8 milioni. La fotografia del 2024 sarà ancora più nitida. 

Roma, i tagli e i conti da far tornare

Prima del nuovo corso, la Roma era una multinazionale con 700 assunti e spendeva oltre 50 milioni di euro di personale extra campo, come e anche più delle big della Champions, competizione che i giallorossi guardano in tv dal 2019. Solo nell’area media c’erano oltre 50 dipendenti, confermati anche dopo la chiusura di Roma Radio e Roma Tv. Chiamiamola “media house”, “media company” o con qualsiasi altro inglesismo possibile, ma la domanda resta: a cosa serviva questo imponente dispiegamento di forze? Così nei vari reparti sono state tagliate quasi 200 persone, per lo più a scadenza il 30 giugno. Nel festival dell’assurdo di Trigoria si esibivano un infermiere assunto nei giorni del Covid per eseguire i tamponi e rimasto a libro paga anche a pandemia conclusa, un giornalista dell’ufficio stampa il cui unico compito era visionare l’allenamento, una persona incaricata al volo del drone, un responsabile dei raccattapalle, 60 tra medici e fisioterapisti solo per settore giovanile e scuola calcio, una dozzina di tecnici informatici e altrettanti autisti nonostante le spese folli per consulenze esterne e trasporti. A Dan Friedkin, che chiudendo la seconda sede all’Eur garantirà alla società maggiore operatività e risparmierà un milione l’anno, dev’essere parso piuttosto curioso anche che gli scout ai tempi di Pinto fossero sempre seduti sulle tribune dell’Olimpico anziché andare in giro per il mondo a scoprire talenti. A proposito di approssimazione: gira voce che, oltre ad abitudini oltre il limite del consentito (il padel nelle ore di lavoro), addirittura la rata dell’affitto dell’impianto venisse pagata con la carta di credito di un dipendente. Prima dei recenti tagli esisteva anche un’area dedicata al nuovo stadio, attiva da quasi un decennio pure se la prima pietra non è stata posata. Il segno più evidente dell’opulenza sotto la gestione Pallotta furono però i due hotel prenotati la notte di Barcellona-Roma del 2018 per contenere tutti i dipendenti al seguito della squadra; al Barça di Messi, Iniesta e Suarez, nella gara di ritorno, bastò una sola struttura. E se anziché sperperare denaro, quegli stessi soldi fossero destinati a rinforzare la prima squadra? A Trigoria non è più una domanda retorica. 

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