Roma, la società a scatola chiusa

Leggi il commento sulla presidenza di Dan Friedkin nel club giallorosso
Roma, la società a scatola chiusa© ANSA
Marco Evangelisti
3 min

Per essere chiari: il nostro presidente di club ideale non si vede e non si sente, viene interpellato dai dirigenti solo se deve autorizzare una spesa straordinaria, si occupa di vaste strategie, alla fine dell’anno guarda i conti. Compare all’orizzonte in occasioni particolari, stringe mani alle eventuali feste per i successi e poi torna nei suoi possedimenti.

Saremo sempre gli ultimi a rinfacciare a Dan Friedkin i silenzi, anche quando sono duri da masticare. Da questa parte del mondo siamo abituati a proprietari invadenti e paterni e ci sentiamo rassicurati da chi predica, premia e sculaccia. Altrove, particolarmente in America, la pensano in modo diverso.

Il silenzio non disturba, non confondiamoci. Le cortine di nebbia sì. Provocano bruciore agli occhi. Sono consentite dalla legge e dall’etica. Solo che c’è modo e modo e c’è luogo e luogo. Nella Roma si assiste a un continuo andirivieni di uomini e incarichi, a un rimescolamento senza echi. Abbiamo un allenatore confermato, considerato da lunga scadenza, investito di una missione e accreditato di una visione, il cui contratto però non è stato ufficialmente rinnovato. Abbiamo anche un direttore sportivo in piena attività di servizio che nessuno in pratica ha mai visto. E va bene, sino a fine mese non può indossare la divisa sociale, ma nel frattempo non stonerebbero prove concrete della sua esistenza. Le uniche notizie sul procedimento che dovrebbe portare alla costruzione dell’impianto di proprietà giungono da tribunali che mettono punte di diritto tra le ruote. Lasciamo stare il discorso sugli acquisti, per non sentirci rispondere che il mercato comincia il primo luglio. Intanto tra due settimane c’è il ritiro, che rischia di andare pressoché deserto. 

L’attività è frenetica, ne siamo certi. Ma una società calcistica non è la Samsung o l’azienda locale degli autobus. Vive di passione, non vende solide realtà bensì sogni. La si ama (o la si odia, dipende da che parte del tifo si è, ma anche questo significa qualcosa). Ciò che accade là dentro interessa a molti: l’ad di una multinazionale è una foto sul sito della ditta, il ds di un club è un personaggio su cui s’investe un patrimonio sentimentale. Intanto trentottomila abbonati si sono presentati alla cassa con i soldi in bocca. Non bussate perché non vi sarà aperto è una risposta che non meritano.


© RIPRODUZIONE RISERVATA